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APPUNTI DAL SINODO / LA LOTTA CON LA TRADIZIONE

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La 16^ Congregazione generale ha aperto l’ultima settimana di lavoro del Sinodo (23-28 ottobre). Prima di cantare il Te deum finale i Padri e le Madri sinodali devono assolvere a tre importanti compiti: approvare la Lettera al Popolo di Dio, approvare il Documento di sintesi conclusivo e pronunciarsi sui metodi e sulle tappe per la fase successiva del processo sinodale in vista della seconda sessione del 2024.

1. “Allo Spirito santo e a noi è parso bene…”
2. Sembra non accada nulla 

“ALLO SPIRITO SANTO E A NOI È PARSO BENE…” 

I lavori di questa settimana sono stati introdotti da due “impulsi”: uno di carattere teologico, tenuto dal teologo australiano Ormond Rush, e uno di carattere spirituale, a cura del padre domenicano Timothy Radcliffe. 

Ascoltandovi in queste tre settimane, ho avuto l'impressione che alcuni di voi stiano lottando con la nozione di tradizione, alla luce del vostro amore per la verità”. 

Ormond Rush, importante studioso del Vaticano II con un dottorato in teologia presso la Gregoriana e docente all’Università cattolica dell’Australia, ha iniziato così il suo intervento che ha poi sviluppato tenendo presente un saggio di Joseph Ratzinger del 1969. 

La questione della “tradizione” è stata uno dei punti di tensione ricorrente al Concilio dove si sono confrontati - ha proseguito Rush - due approcci alla tradizione, che Ratzinger ha classificato “come comprensione ‘statica’ e una comprensione ‘dinamica’ della tradizione. La prima è legalistica, propositiva e astorica (cioè rilevante per tutti i tempi e luoghi) e tende a concentrarsi sul passato; la seconda è personalista, sacramentale e radicata nella storia, quindi, va interpretata con una coscienza storica, tende a vedere il passato realizzato nel presente, ma aperto a un futuro ancora da rivelare. Il Concilio ha usato l'espressione "tradizione vivente" per descrivere quest'ultima (DV,12)”.

Il Concilio di conseguenza, ha ricordato ancora Rush, “ha esortato la Chiesa a essere sempre attenta ai movimenti del Dio rivelatore e salvatore presente e attivo nel flusso della storia, osservando ‘i segni dei tempi’ alla luce del Vangelo vivente”. Ma la lettura dei segni dei tempi non è priva di “trappole” sulle quali il teologo ha messo in guardia i sinodali: 

“Queste trappole potrebbero consistere nell'essere ancorati esclusivamente al passato, o esclusivamente al presente, o nel non essere aperti alla futura pienezza della verità divina a cui lo Spirito di Verità sta conducendo la Chiesa”.

Così avvertiti, Rush ha detto ai sinodali che potrebbero concludere i lavori scrivendo nell’incipit del documento finale “come fece il primo Concilio di Gerusalemme, descritto negli Atti 15: ‘Allo Spirito Santo e a noi è parso bene...’. A loro tempo, la loro lettera alle Chiese affrontava poi una questione sulla quale Gesù stesso non aveva lasciato indicazioni specifiche. Insieme allo Spirito Santo dovevano giungere a un nuovo adattamento del Vangelo di Gesù Cristo su questa nuova questione, che non era stata prevista prima”.

Un memento e un esplicito invito a rompere gli ormeggi, a prendere il largo e a non aver paura ad affrontare le varie questioni poste dalla consultazione preparatoria. 

SEMBRA NON ACCADA NULLA 

Nel suo breve “impulso” spirituale padre Radcliffe utilizza una metafora botanica e paragona gli undici mesi che separano dalla seconda sessione dell’ottobre 2024 al tempo della germinazione in cui il seme gettato dal seminatore cresce anche se sembra che non succeda nulla. 

E cerca, sapientemente, il predicatore di aiutare i sinodali, ma forse anche chi guarda da fuori i lavori del Sinodo, a metabolizzare i tempi lunghi del cambiamento.

Cita Simone Weil “I doni più preziosi non si ottengono andando a cercarli, ma

aspettandoli...” per far capire che quello che abbiamo davanti è “un tempo di attesa attiva”. 

Ricorda la gravidanza della sterile Sara che partorisce Isacco, per dire che “questi undici mesi saranno come una gravidanza” e, appunto, non saranno sterili.

Non solo ai sinodali, anche al Popolo di Dio che è in grande attesa e ripone molte speranze nel Sinodo, Radcliffe ha proposto la visione del Sinodo come di un processo “profondamente controculturale” rispetto alla realtà vociante delle nostre società: 

Il grido è: Da che parte stai? Quando torniamo a casa, la gente ci chiederà: ‘Hai combattuto per la nostra parte? Ti sei opposto a quelle altre persone non illuminate?’. Dovremo pregare profondamente per resistere alla tentazione di soccombere a questo modo di pensare politico-partitico. Sarebbe come ricadere nel linguaggio sterile e arido di gran parte della nostra società. Non è la via sinodale”.

Invece, “Il processo sinodale è organico ed ecologico piuttosto che competitivo. È più simile a piantare un albero che a vincere una battaglia, e come tale sarà difficile da capire per molti, a volte anche per noi stessi!”.

Per ora, sembra non accada nulla.

Delle molte attese o di una parte di esse, probabilmente, se ne dovrà fare carico la sessione del 2024.



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