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APPUNTI DAL SINODO / IL SILENZIO STAMPA

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Avere informazioni sull’andamento dei lavori del Sinodo è quasi impossibile, nonostante i briefing quotidiani della sala stampa vaticana. 

Si potrebbe argomentare sul rapporto della Chiesa con l’informazione, in altre parole con la trasparenza, che è da sempre un nervo scoperto. Anche al Concilio Vaticano II il Decreto “Inter mirifica”, sugli strumenti della comunicazione sociale, è stato l’unico documento che ha avuto un significativo numero di voti contrari: 1960 placet e 164 non placet. 

Ma qui le ragioni, anche se non proprio condivisibili, sono più di carattere intraecclesiale. 

1. Il digiuno della parola 

2. Le fatiche del Dicastero per la comunicazione 

 

IL DIGIUNO DELLA PAROLA 

Papa Francesco nel discorso di apertura del sinodo, a sorpresa nella parte conclusiva si è rivolto direttamente “agli operatori della stampa”, senza disdegnare una certa captatio benevolentiae: i giornalisti, “fanno un lavoro molto bello, molto buono e molto importante”. 

La priorità del Sinodo è l’ascolto per fare posto all’azione dello Spirito Santo. La richiesta esplicita è di far capire questa dinamica: “ai giornalisti chiedo per favore di fare capire questo alla gente, che sappia che la priorità è dell’ascolto”.

E compito ancor più difficile: “dare proprio una comunicazione che sia il riflesso di questa vita nello Spirito Santo” dell’assemblea sinodale. 

Francesco ha offerto anche un consiglio “Ci vuole un’ascesi, un certo digiuno della parola pubblica” per custodire questo delicato lavorio dello Spirito Santo tra i padri e le madri sinodali.

Ma la richiesta e il consiglio sono risultati subito difficilmente ricevibili. Tra i diversi operatori che seguivano la diretta in sala stampa si è subito sentito qualche borbottio. Il Sinodo che tutti devono raccontare dovrebbe, infatti, trattare i molti temi che sono usciti da una consultazione di base durata due anni, si va dal riconoscimento del diaconato alle donne all’esigenza di una maggiore inculturazione della liturgia, dalla richiesta di dare anche poteri deliberativi agli organi di partecipazione (consigli pastorali, presbiterali, …) alla necessità una riforma del Codice di diritto canonico; da un diverso modo di esercizio dell’autorità da parte dei vescovi al rapporto tra il Vescovo di Roma e le singole Chiese. 

Insomma, tutti i temi che si devono affrontare per costruire una Chiesa sinodale, obiettivo assegnato a questo sinodo con il tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. 

Un’impresa difficile quanto il Sinodo questa nella quale il papa vuole impegnare la stampa, ma non impossibile visto che il Regolamento dell’Assemblea prevede all’articolo 24 che:

Ognuno dei Partecipanti è tenuto alla riservatezza e alla confidenzialità sia per quanto riguarda i propri interventi, sia per quanto riguarda gli interventi degli altri Partecipanti. Tale dovere resta in vigore anche una volta terminata l’Assemblea sinodale”.

Non proprio il vincolo di un “segreto pontificio”, ma poco ci manca.

LE FATICHE DEL DICASTERO PER LA COMUNICAZIONE

La missione di far percorrere l’ascesi proposta dal papa alla stampa attraverso un digiuno quaresimale della “parola pubblica” è stato affidato al Dicastero per la comunicazione, diretto da un laico, Paolo Ruffini, giornalista con un curricolo di tutto rispetto: dopo aver lavorato in testate della carta stampata (Il Mattino, Il Messaggero), in Rai (Giornale radio, GrParlamento), ha diretto La 7 e TV2000 (la televisione dei vescovi italiani), nel 2018 è stato nominato Prefetto del Dicastero per la comunicazione, primo laico a ricoprire l’incarico. 

Il Prefetto, conscio delle difficoltà, ha iniziato per tempo il suo compito. In una conferenza stampa del 28 settembre ha presentato i lavori del Sinodo e ha avviato anche, con grande garbo, una “catechesi” che è stata ripresa anche negli incontri successivi. 

La comunicazione di Ruffini in questa occasione, come nelle risposte nei briefing dei primi giorni alle domande sempre più insistenti dei giornalisti in crisi di astinenza, ha proposto alcuni concetti non facili da trasformare in notizia. Per capire ci può aiutare una breve antologia: 

▪ Quest'Assemblea vuole essere, "un momento di discernimento comune nella fede, nella comunione, nella preghiera, nel silenzio e nell’ascolto”.

▪ “Fermarsi. Ascoltarsi. È una sfida che merita di essere raccontata. È la prima novità di questo Sinodo”.

▪ "Nel nostro tempo in cui si parla molto e si ascolta poco, in una stagione in cui rischia di affermarsi il paradigma del monologo e dello scontro, in un’epoca segnata dalla crisi delle istituzioni e dei processi decisionali, è proprio in questo tempo che la Chiesa offre una proposta alternativa al mondo intero".

▪ “Questo digiuno non implica che voi non abbiate di che scrivere. Semmai la notizia è proprio qui. In questa sospensione del tempo. In questo silenzio a suo modo assordante perché totalmente altro dalla routine della parola pubblica, assuefatta allo stereotipo del botta e risposta”.

Fa anche ricorso alle auctoritas il Prefetto per meglio supportare le sue parole. Cita l’intervista del papa durante il volo di ritorno dalla Mongolia: “quel che conta è capire lo spirito ecclesiale che muove il formarsi del pensiero sinodale nel Sinodo”. E anche le parole di un altro gesuita, il cardinale Martini, riprese dalla lettera pastorale “Effata, apriti” per inquadrare questo digiuno: “La comunicazione divina è preparata nel silenzio e nel segreto di Dio (...). La comunicazione ha bisogno di tempo". E ancora: "Non bisogna spaventarsi dei momenti di ombra. Luci e ombre sono vicende normali del fatto comunicativo".

Sì ma, ha obiettato preoccupato un cronista in uno dei briefing, “Quando si fermerà questo digiuno, avremo un po’ di cibo alla fine di queste tre settimane?”.

Un ottimo cibo, a questo punto, dovrebbe essere la sintesi finale.



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