Padre Teodori, Il regalo mancato La dura prova della prigionia
Con l’inizio del regime comunista la vita si fa veramente dura. Sono inutili gli sforzi per riservare la cattedrale al culto dei cristiani. L’ospedale è preso dai comunisti, così le scuole; poi anche le case dei missionari, i quali sono confinati in spazi sempre più ristretti.
È proibito uscire dalla città, è proibito visitare i cristiani. Mons. Bassi, che si reca in un paese per le cresime con il permesso della polizia di Luoyang, viene messo in carcere perché quel permesso non era valido fuori città.
Poi cominciano i processi e le prigioni. Nel 1949 è la volta di p. Giovanni Zotti, direttore dell’ospedale, e di p. Franco Teodori, responsabile della diocesi in assenza del vescovo.
Sono nelle mani di Dio
Scrive alla madre: “Mamma mia, mesi e mesi di pericolo, di insidie, di dolori, di croci…, ma anche di gioie; di gioie tali che difficilmente potrai comprendere. Io non so perché Gesù e la Madonna siano così buoni con me. Trovo ormai gioia e felicità dappertutto.
Specialmente in questa lotta per salvare la fede dei nostri cristiani. Più volte mi sono vista la morte alla gola e in due occasioni credevo proprio di farti il regalo di un figlio martire… Siamo e restiamo chissà per quanto tempo sotto la dominazione rossa, dominazione che non perdona. Ma siamo sempre nelle mani di Dio”. (Luoyang, 8.12.1948)
Padre Franco prevede di dover pagare di persona: “Se finora ho portato una croce, adesso sto per salire sulla croce. Sia benedetto Gesù che ci fa partecipi delle sue pene e ci associa alla sua opera di redenzione. Se il tuo Franco oggi sale il Calvario è perché non ha mai voluto tradire il suo dovere, vendere la sua coscienza, fuggire abbandonando le anime, tradire chi si era affidato a lui come Padre e come sacerdote”. (17.2.1949)
Quando, dopo quattro mesi di prigione può scrivere di nuovo a sua madre, dice: “Eppure quei 107 giorni sono stati per me un puro paradiso. Si vede proprio che il Signore assiste i suoi discepoli come aveva promesso”.
L’enciclopedia Conforti
Tornato in Italia nel 1954, padre Teodori svolge vari incarichi. In tutto questo tempo, però, non ha mai dimenticato quel vescovo che lo aveva tanto impressionato da giovane seminarista e che aveva visto morire il 5 novembre 1931. Quel giorno ne aveva raccolto e stenografato le ultime sublimi parole di fede.
A lui poi ha dedicato tutto il tempo lasciatogli libero da altri impegni, per raccoglierne tutti gli scritti, le testimonianze e la documentazione in 28 volumi, frutto di oltre trent’anni di ricerche e di indefesso lavoro. Il Signore lo ha ricompensato facendogli assistere alla solenne proclamazione a Beato del suo venerato vescovo. Penso che quel giorno padre Franco avrà cantato il suo “Nunc dimittis…”.