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In cammino, tenendoci per mano

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I primi cristiani, quelli che avevano conosciuto personalmente gli apostoli di Gesù, hanno lasciato scritto una massima: “Chi ha un amico è come una torre fortificata”. Forse questa massima può aiutarci a non sentirci soli nel rispondere agli interrogativi in questo momento di impoverimento economico e umano. Viviamo, infatti, in un tempo di cambiamenti radicali e irreversibili, che si rincorrono sia nel mondo sia nella chiesa.

Con la diocesi di Como

A novembre, ho partecipato al convegno nazionale missionario di Sacrofano (Roma) dal titolo: “Alzati e va’ a Ninive, la grande città - dove il vangelo si fa incontro”. Il racconto semplice e sapienziale del libro del profeta Giona ha accompagnato la nostra riflessione di quei giorni.

Ho capito meglio il beneficio che la missione, affidata da Gesù alla sua chiesa, può fare al nostro mondo. Mi sono trovato a considerare la “missione” oltre l’orizzonte saveriano, immerso nel respiro di tutte le forze della pastorale missionaria attive in Italia.

Ero anch’io nel gruppo rappresentante della diocesi di Como, insieme a Gabriella Roncoroni, direttrice del centro missionario, il fidei donum e vicario per la Valtellina don Corrado Necchi, don Filippo Macchi e alcuni laici. Al convegno erano presenti anche i coniugi Chiara e Mauro Magatti, come esperti sociologi. In totale 11 comaschi su un totale di 880 partecipanti, tra vescovi, sacerdoti fidei donum, missionari e soprattutto tanti laici.

Un invito rivolto a tutti

Al convegno abbiamo avvertito che la missione deve battere nella testa e nel cuore. L’invito di Dio a Giona - “Alzati e va’ ”- è stato girato all’intera chiesa italiana, e lo sento rivolto anche a me. È l’invito a uscire dai propri schemi per andare verso le periferie, i poveri, i sofferenti, i peccatori; anche verso quella Ninive piena di malvagità e violenza, che Giona voleva evitare, e che come cristiani abbiamo il dovere di criticare, ma sempre con rispetto e con misericordia.

Un convegno è fatto di parole, di proposte… Eppure, il richiamo finale a “tenere in caldo” la novità del vangelo per chiunque si lascia attrarre dall'amore di Dio, è risuonato molto bene: “Alziamoci insieme e andiamo!”.

Lettera a papa Francesco

La signora Anna Quadri, della bella compagnia comasca di quei giorni, ha registrato tutto in una lettera “immaginaria” inviata a papa Francesco dopo l’incontro che abbiamo avuto con lui in sala Nervi, sabato 22 novembre mattina.

Caro papa Fra​ncesco, con semplicità e cordialità ci hai accolti in udienza e hai saputo parlare ai nostri cuori. Ci hai invitati a uscire, sottolineando che una chiesa missionaria non può che essere in uscita.

Ci hai invitati a incontrare coloro che aspettano una Parola di speranza e ci hai esortati a non restare indifferenti davanti ai drammi dell’umanità. Ci hai invitati ad ascoltare il grido di dolore di coloro che incontriamo, ricordandoci che i poveri ci indicano le periferie in cui il vangelo deve essere proclamato e vissuto. Ci hai invitati ad annunciare, esortandoci a non lasciarci rubare la speranza e il sogno di cambiare il mondo con il vangelo.

Ci hai ricordato quanto sono grandi i missionari, perché non rinunciano mai al sogno della pace e ci hai ribadito che i tanti martiri della fede e della carità ci indicano che la vittoria è solo nell’amore e in una vita spesa per il Signore e per il prossimo, a partire dai poveri. Ci hai chiesto di impegnarci con passione per tenere vivo lo spirito missionario. Ci hai incoraggiato a intensificare l’entusiasmo della missione. Infine, ci hai esortati a pregare per te che devi essere missionario.

Grazie, papa Francesco, perché hai saputo parlarci di una chiesa nuova, fatta di volti, persone, umanità; perché hai saputo comunicarci la bellezza e l’intensità della fede”.



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