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CONGO RD / UNA NUOVA TRAPPOLA PER IL PAESE: LA “CONGOLITÉ”

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Alcuni deputati congolesi vogliono introdurre un disegno di legge per impedire l’accesso alla presidenza del paese e ad altre alte cariche dello Stato a congolesi nati da un genitore non congolese. Il disegno di legge, introdotto da Noël Tshiani, docente universitario e candidato alla presidenza nel 2018, è stato depositato presso l’Assemblea nazionale l’8 luglio 2021 da Nsingi Pululu. Ambedue sono esponenti politici vicini all’attuale presidente Tshisekedi. La proposta, già battezzata “Legge della congolité”, ha immediatamente suscitato inquietudine in una parte della società civile. La prima reazione è stata dell’arcivescovo di Kinshasa, card. Fridolin Ambongo, che ha denunciato il progetto di legge come “strumento di esclusione e divisione”. Il cardinale ha preso posizione il 10 luglio scorso in occasione della celebrazione eucaristica di insediamento del nuovo arcivescovo di Lubumbashi, mons. Fulgence Muteba. Parlando a nome dei vescovi del Congo e interpretando i sentimenti del popolo congolese, il cardinale ha affermato che questo “è il momento di stigmatizzare un progetto di legge come questo, sulla congolité, in quanto non promuove la coesione nazionale”. Inoltre, il cardinale ha invitato tutti a vigilare con estremo rigore “su tutte le iniziative pericolose, come questa, che hanno come unica conseguenza creare tensione in seno al popolo”. 

Anche la responsabile della Monusco (Missione delle Nazioni Unite), Bintu Keïta, ha espresso il suo disagio di fronte a simili propositi, allertando lo stesso Consiglio di sicurezza dell’Onu sulle potenziali conseguenze provocate dal dibattito sull’identità nazionale. La preoccupazione di Keïta è che il paese, già indebolito da numerosi conflitti e attraversato da derive xenofobe denunciate in un precedente Rapporto, non ripeta quanto accaduto in Costa d’Avorio, che proprio sul concetto di “ivoirité” ha dato vita ad una selezione tra cittadini “originari” e “oriundi”, che ha scatenato la guerra civile negli anni 2002-2011. Non è la prima volta che in Congo si dibatte sulla questione dell’identità. In una nazione, che confina con ben nove paesi, è normale che ci siano famiglie composte da membri di nazionalità diversa, anche se appartenenti allo stesso gruppo etnico, con la stessa lingua materna. 

I critici ritengono tale progetto di legge un gioco politico, che nasconde una strategia elettorale: impedire l’accesso alla Magistratura suprema e ad altre alte cariche dello Stato (come la presidenza delle due Camere) a qualche candidato molto popolare che potrebbe presentarsi alle prossime elezioni del 2023. Il candidato più colpito è sicuramente Moïse Katumbi, già governatore molto popolare della Provincia del Katanga, con capoluogo Lubumbashi, seconda città del Congo. Infatti, Katumbi, ricco industriale, proprietario della famosa squadra di calcio “Tout Puissant Mazembe”, che ha giocato la finale della Coppa del mondo dei club contro l’Inter nel 2010, amato e stimato nella sua Provincia di origine, membro dell’attuale governo, è figlio di madre congolese e di padre greco. 

Alcuni giuristi sostengono addirittura che la proposta di legge sarebbe incostituzionale, perché introdurrebbe una “differenza” tra i cittadini, che potrebbe facilmente generare conflitti, come è successo nel caso dei Banyamulenge (congolesi di antica origine ruandese), e renderebbe ancora più fragile una società in piena ricostruzione. La proposta cavalca sicuramente un certo clima xenofobo nei confronti dei congolesi di lingua swahili e più in generale di coloro che sono originari dell’Est, tradizionalmente assimilati ai “ruandesi”. Per ora nessuna autorità si è espressa ufficialmente in favore di questo disegno di legge, ma le reazioni finora suscitate sono molto significative, perché mostrano l’importanza che l’argomento “identità” (congolité) ricopre nel dibattito politico nazionale.



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