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Ritrovarci dopo 60anni, Ritorno a Desio con la missione nel cuore

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Padre Angelo, bergamasco classe 1931, è partito per il Congo con il primo gruppo di saveriani nel 1958. Era il periodo della rivoluzione che ha portato all'indipendenza del Paese. Nel 1971 è stato mandato in Brasile e vi è rimasto fino al 2008. Dopo una breve sosta a Taranto, è ora approdato a Desio.

Ho conosciuto la città di Desio per la prima volta a ottobre del 1948. Vi ero giunto dopo il noviziato e la professione religiosa nei saveriani. Nella Villa Tittoni con il suo bel parco, insieme ad altri studenti saveriani, ho continuato la mia formazione in vista della vita missionaria, seguendo i corsi di filosofia per tre anni. Eravamo in contatto diretto con la gente, soprattutto quando ci recavamo nelle parrocchie della città o quando gruppi di persone venivano a farci visita.

Già in quegli incontri mi ero reso conto dell'amicizia e della generosità della popolazione di Desio e della Brianza, che ci sosteneva con l'aiuto e la stima. Ora, alla fine del 2009, dopo oltre 60 anni, i superiori mi hanno chiesto di inserirmi nella comunità saveriana di Desio per svolgere attività di animazione missionaria e di ministero pastorale nella zona. Sono tornato in Italia dalla missione nell'Amazzonia brasiliana lo scorso anno.

Lo stile missionario cambia

In mezzo, c'è tutta la mia vita missionaria: gioie e dolori, momenti di festa e sofferenze, cambiamenti nel mondo ma anche nel modo di fare la missione...

Nei primi anni di missione africana (dal 1958 al 1960, prima dell'indipendenza del Congo Belga), adottavamo lo stile catechetico tradizionale che i padri bianchi avevano utilizzato in Africa: quattro anni di catecumenato molto intenso che preparavano l'inserimento nella comunità cristiana con il battesimo e gli altri sacramenti.

Con il sopraggiungere delle difficoltà successive alla dichiarazione dell'indipendenza (avvenuta nel 1960) e l'aggravarsi della situazione nei confronti dei non africani, abbiamo sentito il dovere di rimanere vicino alle comunità cristiane per cercare di far fronte alle ingiustizie, angherie e violenze subite dalla popolazione.

Condividendo le condizioni di vita molto difficili dei congolesi, ci siamo accorti che era questo il vero stile evangelico dell'annuncio. Le parole di Gesù, "sono venuto perché tutti abbiamo vita e una vita in pienezza" (non solo vita in abbondanza, come a volte viene malamente tradotto) le stavamo vivendo anche noi con la gente. Questa testimonianza mostrava che ci stavamo sforzando di mettere in pratica quello che dicevamo a parole.

Per una vita "in pienezza"

Questo modo di interpretare la vita missionaria ho cercato di attuarlo nella nuova esperienza missionaria in Amazzonia. Lì ho incontrato molte persone: cristiani e non cristiani; indio e "senza terra"; operai delle miniere e "schiavi dell'oro" lungo i fiumi; coloni portati con l'inganno lungo la "Transamazzonica" e poi abbandonati alla loro sorte, spesso espulsi dai loro campi da parte dei latifondisti... La mia preoccupazione era sempre quella di farmi carico dei problemi vitali legati alla sopravvivenza, fisica e culturale, in modo da garantire a tutti il diritto alla "vita in pienezza".

Eccomi, allora, nuovamente qui a Desio. Ritrovo persone, famiglie e amici incontrate in Amazzonia o in occasione delle feste dei popoli alle quali ho partecipato, di passaggio in Italia. Tutte occasioni in cui mi sono reso conto della fraterna accoglienza e della generosità già sperimentata nel lontano 1948.

A tutti voi e a coloro che incontrerò in futuro, il mio grazie e la mia disponibilità per continuare insieme nella comune missione di annunciare il regno di Dio con la nostra vita, per una "vita in pienezza".



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