Skip to main content

Pà Martin è andato in cielo

Condividi su

È solo da qualche anno che la parrocchia di Benakuma è entrata nella storia dell’archidiocesi di Bamenda, situata nella regione nord ovest del Cameroun confinante con la Nigeria. Non si può parlare di una penetrazione di missionari in quell’area, come avvenne nelle zone circostanti. La fede cattolica entrò sottovoce e in punta di piedi, come avveniva ai primi tempi della Chiesa, quando il cristianesimo non fu introdotto a Roma dagli apostoli, ma da semplici cristiani che si erano stabiliti lì prima di Pietro e Paolo: mentre curavano i loro affari privati, si interessavano pure di formare una piccola Comunità cristiana. In seguito vennero pure gli apostoli.

taxi Più o meno questa è anche la storia di Benakuma. Ci fu qualche cristiano dalle tribù vicine che si venne a stabilire nel territorio Esimbi. Questi primi cristiani (quattro-cinque) ormai sono anziani, ma continuano ad essere le colonne della Comunità: vengono a Messa tutti i giorni. La tribù Esimbi era conosciuta come battagliera e selvaggia, per cui la gente si guardava bene dallo stabilire rapporti amichevoli. Bisognava usare molta prudenza.

Nel villaggio di Benakuma viveva un cristiano cattolico, già anziano, un vero figlio della tribù Esimbi. Si chiamava Martin, però tutti lo conoscevano come Pa’ Martin, un titolo di rispetto. A quei tempi camminava ancora da solo, anche se con fatica. Era stato battezzato molti anni prima a sud del Paese dove era andato a lavorare in una piantagione. Lì era stato battezzato e poi nell’età adulta era ritornato al villaggio. Un po’ a modo suo era sempre rimasto fedele alla fede cristiana, nonostante l’ambiente pagano ed il fatto che c’erano molti pregiudizi contro i cattolici, che venivano accusati di far morire i loro membri. Prova ne erano i cimiteri: mentre nel costume tribale i morti sono sepolti nel cortile della loro casa o sotto la casa stessa.

Pa’ Martin non si lasciava intimorire da quelle dicerie. La fede cattolica aveva messo radici profonde nel suo cuore, e su quel punto non si lasciava scuotere.

Fu molto contento quando Benakuma divenne parrocchia. La sua gioia era evidente, quando il capo villaggio donò un pezzo di terreno assai vasto per i futuri sviluppi della missione, e si cominciò a costruire il Centro sociale-parrocchiale. Sapeva bene che dove c’era una missione cattolica, essa sarebbe diventata pure un centro di sviluppo e di progresso. Infatti nella mentalità degli africani c’è un profondo desiderio di progresso, anche da un punto di vista materiale, pure se talvolta non sono in grado di mettere in esecuzione il loro desiderio.

Il vecchio Martin era vissuto fuori del suo ambiente per molti anni, aveva visto che città e territori progredivano e si sviluppavano, andavano avanti, come dice un’espressione locale. Quando la salute gli permetteva di essere presente al servizio domenicale, non mancava mai. Memorabili i suoi interventi durante la preghiera dei fedeli: per ringraziare il Signore per la missione e i padri che erano lì permanenti a Benakuma, per la chiesa che stava sorgendo con una certa imponenza che loro non avrebbero mai potuto immaginare, abituati soltanto a semplici capanne di fango e paglia.

In questi ultimi anni era molto invecchiato e indebolito, non riusciva più a camminare. Passava allora il suo tempo nella sua capanna, seduto su una poltrona di legno senza cuscini, accanto ad un piccolo fuoco che riscaldava l’atmosfera e spingeva via l’umidità e le zanzare. Quando lo andavo a visitare lo vedevo sempre con la corona del Rosario in mano. I figli e i nipoti non si curavano molto di lui, sia per il cibo come per la pulizia. Era mio desidero costruirgli una nuova capanna per il Grande Giubileo, ma non abbiamo fatto in tempo.

Un granello di senape

Pa’ Martin voleva ricevere spesso l’Eucarestia, ogni settimana. Se non andavamo, mandava qualcuno a ricordarcelo. Quando gli portavo la Comunione, non finiva mai di ringraziarmi e dirmi che pregava per me, per la parrocchia, per il progresso del villaggio. Infine, prima che io me ne andassi, lui si metteva a pregare a lungo su di me, con la sua mano sopra la mia testa.

Parlava nella lingua dei suoi padri e non comprendevo quello che diceva. Però, prima di terminare, soffiava su di me come per comunicarmi il suo spirito. Forse lui invocava su di me lo spirito degli antenati, o forse si ricordava di quello che Gesù aveva fatto quando era apparso ai suoi apostoli dopo la Risurrezione. A me sembrava di rivivere un avvenimento biblico, quando i patriarchi dell’Antico Testamento davano la benedizione ai loro figli, e con gratitudine mi inginocchiavo per ricevere la benedizione.

Per poter uscire di casa e rivedere qualche angolo del villaggio, aveva chiesto di procurargli un carrettino, di quelli che si usano per trasportare la merce nei mercati locali. Glielo procurai, e lo adattai con un sedile apposta per lui. Quando rimanevo a lungo senza vederlo, era lui che si faceva trasportare fino alla missione sul suo taxi.

Lo rividi per l’ultima volta pochi giorni prima ch’io partissi per l’Italia. Aveva avuto un violento attacco di malaria e si era fatto portare alla missione. Aveva sostato qualche minuto in chiesa, poi chiese di vedermi. Le sue energie si stavano esaurendo, ma niente faceva prevedere una morte imminente. Come al solito, parlò della parrocchia, della chiesa in costruzione, della nuova Benakuma dove la parrocchia sarebbe cresciuta come un grande albero, dove ci sarebbe stato tanto progresso per il bene di tutta la popolazione. Poi, come aveva fatto tante altre volte, mi benedisse come un vero patriarca della Bibbia, mi impose la mano sul capo e soffiò su di me.

Quasi istintivamente mi inginocchiai.

Qualche giorno dopo dovetti lasciare la parrocchia a causa di un violento attacco di malaria. Prima di partire per l’Italia, per urgenti cure mediche, ricevetti la notizia che Pa’ Martin era morto. Al mattino aveva chiesto che gli portassero la comunione; ma non c’era nessuno che potesse farlo. Mi riferirono che verso sera, mentre era seduto sulla sua poltrona di legno, chinò il capo e rese la sua anima a Dio.

Arrivederci Pa’ Martin. Sei stato un fedele cristiano ed un bravo testimone di Cristo nella tua terra ancora non illuminata dalla luce del Vangelo.

Ora che hai ricevuto il premio eterno, continua a pregare perché questa tua terra natale che si chiama Esimbi diventi un albero rigoglioso come quel granello di senape di cui Gesù parla nel suo Vangelo.



Scarica questa edizione in formato PDF

Dimensione 5490.88 KB

Gentile lettore,
Continueremo a fare tutto per portarvi sempre notizie d'attualità, testimonianze e riflessioni dalle nostre missioni.
Grazie per sostenere il nostro Giornale.


Altri articoli

Edizione di Settembre 2005

Chiamati alla missione: La terra è tutta santa, in Cristo

Due anni fa sono stato in Terra Santa. Vi dico, con schiettezza, che ho avuto emozioni contrastanti. Mia moglie e mio figlio erano entusiasti, e co...
Edizione di Dicembre 2016

Se la missione si trasforma…

“Perché siete venuti a Rizzolo (Udine)?” è la domanda più frequente che ci sentiamo rivolgere in questi giorni. Mi viene da rispondere “per amore”....
Edizione di Settembre 2002

Diamoci da fare!, "Da oggi firmerò con l’impronta digitale"

Iniziative di pubblica utilità Molti lettori conoscono p. Silvio Turazzi, il saveriano costretto a muoversi in carrozzella, per tanti anni mission...
Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito