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P. Rovedatti: Dalla Cina fino al Brasile

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Padre Rovedatti, saveriano di Valtellina

Ci conoscemmo a San Paolo del Brasile. Venivamo ambedue dall'oriente: padre Rovedatti Domenico, cacciato via dalla Cina rossa; io proveniente dall'Indonesia. Lo trovai ricoverato ali' ospedale con la gamba amputata. Si era fatto portare nel corridoio per respirare meglio e vincere l'afa che gli toglieva il respiro. Seppi che il 12 maggio 1982 aveva lasciato questo nostro mondo.

Dal seminario diocesano all'Istituto saveriano

Padre Domenico era nato il 24 febbraio 1913, nella confortevole e ridente Morbegno, perla della Valtellina. Della sua terra conservò sempre, nel volto, il sorriso dei fiori che ingentiliscono i balconi delle case, la fede viva e forte respirata nella famiglia di cinque figli - quattro fratelli e una sorella - e il carattere temprato dalle spinose asperità della vita.

Era entrato, ancora ragazzo, nel seminario della diocesi di Como. Leggendo Le Missioni Illustrate, conobbe l'Istituto fondato

da mons. Conforti, dove fu accolto nel 1930. Padre Domenico considerò l'Istituto come sua famiglia, cui sempre rimase affezionato. Aveva 17 anni quando lasciò il seminario. La vocazione missionaria non fu un colpo di testa, ma maturata come risposta alla chiamata di Cristo.

La missione in Cina

Dopo gli studi liceali e teologici, fu ordinato sacerdote il 19 giugno 1938. Otto mesi più tardi, partì per la Cina. Tien-tsin, Pechino e Cheng-chow furono le tappe necessarie per la sua preparazione, nello studio sistematico della lingua e per i primi contatti con la difficile cultura cinese.

Durante la guerra, con l 'occupazione giapponese, padre Domenico rimase internato per tre anni, dal 1942 al 1945, nel campo di concentramento di Neyhsiang. Seguì un periodo di pace: "Il tempo è veramente propizio per un lavoro intenso e su larga scala - scriveva - e i nostri padri lavorano ... ".

Cacciato via

Il periodo di pace durò poco. Prima i soldati nazionalisti, poi le truppe comuniste, cominciarono ad occupare i villaggi e ad angariare la gente. "La sera del 13 dicembre, ci trovammo insieme, sei padri e nove suore, tutti indaffarati a nascondere roba e a murare porte.

La mattina del 14, ci troviamo i soldati rossi in casa. Padri e suore ci raccogliamo in chiesa e consumiamo in fretta il Santissimo... ", scrive padre Domenico nel diario.

Trenta persone rimasero prigioniere in casa, rinchiuse in una sola stanza per cinque giorni. Gli avvenimenti successivi non fecero che ripetere la storia di accuse e angherie, di soprusi e di condanne, fino all'espulsione dalla Cina, avvenuta nel 1953.

Missionario in Brasile

Svanita la speranza di un possibile ritorno in Cina, il 14 ottobre del 1955, padre Domenico partì per il Brasile, dove rimase fino al termine della sua vita. Furono diciassette anni di intensa attività, di cui sedici passati nei seminari come direttore spirituale e professore.

Della sua attività come formatore, il superiore dei saveriani in Brasile scriveva: "Il senso di responsabilità, il buon criterio, la bontà, lo spirito di sacrificio e di umiltà, la paternità e la vigilanza, la giovialità e la prudenza caratterizzarono il suo governo ed il suo metodo educativo".

Nel 1966, quasi scherzando sulla sua buona salute, rilevava: "Qualcuno di noi (io compreso) comincia ad invecchiare. Quello che solo qualche anno fa non stancava, ora comincia a pesare: segno che i decenni passano".

Missione nella sofferenza

Non era solo questione di stanchezza per l'età che avanzava. Gli ultimi anni della sua vita furono anni di missione nella sofferenza.

Senza gamba e senza fiato

Nel 1976, padre Domenico Rovedatti cominciò ad accusare i primi sintomi del male che lo accompagnò, facendolo soffrire, per il resto della sua vita. Per disfunzione ali' apparato circolatorio, fu ricoverato nel 1981 nella Santa Casa di S. Paolo. Le cure mediche si rivelarono inutili. Perciò, il 19 febbraio 1982, fu sottoposto all'amputazione della gamba destra.

Oltre tutto, padre Domenico soffriva da tempo per una bronchite cronica. A causa di una bronco polmonite sopraggiunta, egli fu portato in sala di rianimazione. Si riebbe da questa, ma la gamba non migliorò.

Dall'Italia, giunsero ad assisterlo il fratello Mario ed il nipote Gianni. La loro presenza fu di grande sollievo e consolazione all' ammalato.  Il 24 aprile 1982, subì un secondo intervento, seguito da un altro attacco di bronco polmonite.

Si sperò in una miracolosa ripresa, anche questa volta; ma il 12 maggio la sua forte fibra cedette al male. Padre Domenico, negli ultimi tempi, soffriva molto. A quanti gli stringevano la mano, si limitava a dire: "Gesù! Gesù!".

L'amico dei poveri

Il beato Guido M. Conforti, fondatore dell'Istituto saveriano, aveva tracciato nelle sue Costituzioni, l'immagine del missionario: non un missionario factotum, ma un religioso spinto dal1' amore di Cristo a donarsi totalmente per collaborare alla venuta del suo Regno di pace e di giustizia.

Così è stato padre Domenico: una bella e grande immagine di missionario. La sua personalità, ricca di umanità e di affabilità, non infastidiva nessuno; anzi, gli assicurava l'amicizia dei più piccoli e dei poveri. Particolare cura aveva per i suoi chierichetti che, numerosi, circondavano l'altare.

Interceda per le vocazioni missionarie

Alla sua preghiera e intercessione, affidiamo la nostra Famiglia saveriana, che egli tanto amò. Ottenga da Dio che tanti giovani, in Italia e nelle altre nazioni del mondo, sappiano rispondere generosamente alla vocazione missionaria, per portare la Buona Notizia a tutti i popoli della terra.

Ai parenti e amici della comunità di Morbegno, assicuriamo il nostro ricordo e preghiera, mentre sentiamo il dovere di ringraziarli, per il dono che hanno fatto, in padre Domenico, ai saveriani e alle missioni.



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