P. Clementini: Cinquant'anni per dire "Grazie"!
Le emozioni del mio giubileo indonesiano
Sono riconoscente verso i miei superiori che, in occasione del cinquantesimo di vita sacerdotale, mi hanno permesso di ritornare per un breve periodo in Indonesia, la missione dove ho svolto per quasi dieci anni il mio lavoro pastorale.
Sessanta giorni da sogno
Dei 60 giorni indonesiani, ho scritto un diario, sforzandomi di vincere la stanchezza, alla sera. Non posso riassumere tutto, mi limiterò a ricordare i momenti più forti, di meraviglia e di gioia. Atterrato ali' aeroporto della capitale Jakarta, mi sono presentato all'ufficio immigrazione, dicendo nome e destinazione: "Padre Agostino Clementini, Padang, Sumatra".
Appena ascoltato il mio nome, un impiegato in seconda fila si alza e viene a stringermi la mano: "Pastor Clementini, ben tornato!
Ti conobbi nel 1962, quando frequentavo le elementari alla scuola Don Bosco. Tu abitavi nella casa accanto. Ti vedevo quando uscivi o rientravi con la vespa, sempre veloce, con la veste bianca ...".
Ho pensato: "Se fa così questo mussulmano, venuto da 1.200 chilometri, chissà cosa faranno i miei vecchi amici cattolici!". E infatti, fuori dell'aeroporto, oltre al saveriano padre Giovanni Lazzari, c'erano due gruppetti di amici ad attendermi.
Ricordi ed emozioni missionarie
Ho rivisto il Nunzio mons. Renzo Fratini, mio compaesano. Abbiamo ricordato gli anni d'infanzia: lui rubava le pesche dei Clementini; io i fichi dei Fratini. Ho avuto modo di rivedere tante vecchie conoscenze. Ho fatto subito visita alle comunità saveriane di Jakarta: le comunità del noviziato e degli studenti saveriani di filosofia, la parrocchia in periferia e la missione nel vecchio quartiere cinese della città.
Quante emozioni nell'incontrare i saveriani, compagni di missione, e le fiorenti nuove generazioni di indonesiani.
Un tuffo nel mondo indonesiano
Sabato e domenica, ho fatto il primo tuffo nel mondo cattolico indonesiano. La chiesa parrocchiale, a due piani, era strapiena di fedeli. Un servizio liturgico degno di San Pietro a Roma: con accoliti, diaconi, lettori, questuanti, coro polifonico.
Dopo la Messa, ho visitato la vicina scuola delle suore, affollata come nei giorni feriali: c'è la "scuola della domenica", cioè il catechismo per tutte le categorie. Tra quella gente, soprattutto tra i bambini, mi sono ritrovato missionario, come quarant'anni fa.
E il safari, che le suore mi hanno offerto su quelle stupende colline giavanesi? Più che gli animali, ricordo le frotte di ragazzi che rincorrevano il pulmino per offrirmi un souvenir. Per farli contenti, si vorrebbe comprare tutto da tutti: costerebbe tanto poco e sarebbero tanto felici!
Ho visitato anche una coltivazione di orchidee: le forme e i colori ti bloccano in estasi. Ma attenzione ai prezzi! Ce n'è una da 15.000,00 euro (ho detto bene!); un'altra da 12.000,00 ... In compenso, puoi avere un buon pranzo al self service per un solo euro!
Messa numero 20.550
Ventuno marzo: giorno esatto del 50° di ordinazione sacerdotale. A Padang, celebro la Messa con padre Pietro Grappoli. Nel mio registro, è la Messa numero 20.550. Con padre Pietro, siamo compagni di studi, di ordinazione e di missione. Lui è ancora sul posto, dal 1961, anche se ora ha difficoltà, a causa di un investimento. Grazie all'elicottero della Caltex americana, che lo raccolse e portò a Singapore, si è salvato dopo un mese di coma.
Ci siamo preparati con mezza giornata di ritiro spirituale, assieme ai saveriani che lavorano nella zona. Mi hanno chiesto di fare una conversazione fraterna sulla mia esperienza di vita sacerdotale. Alla Messa e al pranzo, hanno partecipato anche i sacerdoti e le suore della città. Una quarantina di persone.
La domenica seguente, il parroco ha voluto festeggiare nella chiesa cattedrale. Tutti occupati i mille posti a sedere, come nelle grandi circostanze. Una grande concelebrazione; un piccolo rinfresco per tutti; una vivace accademia con canti, balli e recite; in ultimo, un pranzo con settanta invitati. Negli anni di missione, quando ero amministratore della diocesi, venivo qui ad aiutare per il ministero.
Sulla via del ritorno
Il 27 marzo, lascio Padang per volare a Jakarta, dando così inizio al viaggio di ritorno. Naturalmente, gli incontri, le attenzioni e i festeggiamenti sono continuati anche in altre missioni, scuole e famiglie. Sono stati tutti momenti ricchi di fraternità, di spiritualità, di riconoscenza.
Il 16 aprile, mercoledì della Settimana santa, è il giorno di addio all'Indonesia. Mi accompagnano all'aeroporto tre gruppi di amici. Avevo un po' di paura, per i 19 chili di eccedenza nel bagaglio.
Ma prima di presentarmi al chek-in, una signora della "scorta", mi ha messo a fianco due signori, con tanto di stemma pontificio avuto direttamente dal Papa in visita all'Indonesia. L'impiegato del chek-in ha chiuso tutti e due gli occhi. E sono passato senza problemi.
Venerdì santo con il Papa
Il guaio è venuto subito dopo, per il guasto all'aereo di linea su cui avevo prenotato, il conseguente cambio di tragitto e gli inevitabili ritardi e contrattempi. Già prima di partire per l'Indonesia, avevo messo in programma di partecipare alla Messa con il Papa, il Giovedì santo.
E infatti, il pomeriggio del Venerdì santo ero in San Pietro, con il Papa. Così ho capito che il Giovedì santo non è completo senza il Venerdì, e che questo si completa con la Domenica di Risurrezione.