Missione famiglia: Per far sbocciare una rosa
Betlemme, Nazareth, i poveri: una storia sempre nuova. I magi videro il Bambino con Maria sua madre, e lo adorarono. Poi lasciati i loro doni tornarono al loro paese per un'altra strada. Mi colpirono molto queste parole del vangelo di Matteo quando celebrai la Messa dell'Epifania nell'ospedale di Ostia, steso su una lettiga, con la certezza di non camminare più. Ho sentito la povertà del mio corpo: un'esperienza del dolore che prima o poi ci unisce tutti.
I magi tornarono con la luce della stella nel loro cuore. Anch'io mi accorsi che la luce non mi avrebbe più lasciato, fino a scoprire che la benedizione di Dio ci accompagna sempre, soprattutto nella povertà della sofferenza. Dio cammina accanto a noi. Era l'anno in cui Paolo VI visitò per la prima volta i poveri della periferia di Roma: i baraccati. Voleva manifestare la chiesa "qual è e vuole essere: la chiesa di tutti, e particolarmente la chiesa dei poveri".
Con gli ultimi e gli emarginati, potremmo tutti recuperare un genere di vita diverso. Oggi in particolare, la crisi economica spinge tutta la società alla riscoperta dei valori di fondo su cui costruire un futuro migliore, e la crisi diventa un'occasione di nuova progettualità.
La vita della famiglia di Nazareth è un segno forte per tutti. È il luogo della vita semplice e povera, fatta di lavoro faticoso e di buoni rapporti, di preghiera e di silenzio. La famiglia di Nazareth è un grappolo di vita che porta il Mistero divino. Gesù, prima di essere il figlio di Maria, è il Verbo - come scrive l'evangelista Giovanni -, ossia il riflesso vivo di Dio Padre-che-ama. È l'avvenimento che illumina la nostra vita.
Maria nella sua gravidanza si è fidata di Dio, senza riserve. Giuseppe ha creduto donando i suoi dubbi e abbracciando nuovamente Maria. Gesù è il dono di Dio, il segno visibile della sua immensa povertà, perché Dio esiste per donarsi. Povertà è allora una via essenziale della missione perché apre all'incontro con Dio e con i fratelli. Scrive il beato Conforti: "Gesù nacque povero, visse povero, morì povero. Trattò di preferenza con i poveri, beneficò i più sfortunati".
La povertà può nascere anche in noi nella misura in cui usciamo dal nostro piccolo io, egoista e chiuso, che riduce il mondo al proprio cerchio.
Gesù è chiaro nei confronti di chi vuole camminare sulla sua strada e di chiunque vuole essere libero davvero: "Chi perderà la propria vita per causa mia la ritroverà". Gesù non ha mai parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre.
Scrive Annalena Tonelli: "I poveri ci attendono. Dio ha bisogno di mani per servirli. Voi e io, solo che lo vogliamo, possiamo essere quelle mani". Annalena, consacrata a Dio per i poveri, diceva, "io sono nessuno", perché tale era considerata dalle autorità governative, dai capi religiosi e anche dai suoi stessi poveri. Era una donna, sola, senza un'organizzazione potente alle spalle; manteneva uno stile di vita estremamente semplice, sobrio, senza visibilità. È stata uccisa in Somalia nel 2003.
Racconta la sua esperienza: "Non c'è che una sola tristezza nel mondo: quella di non amare. Certo dobbiamo liberarci di tanta zavorra". Annalena sa che i poveri non sono facili da amare e il cuore dell'uomo, anche quello che si dona, può essere misteriosamente duro. Ma lei ama quei "brandelli di umanità ferita" che ogni giorno va a cercare. Come non pensare ai nostri missionari del Kivu, in Congo, solidali con i più poveri e spesso accusati dai potenti?
Nasce spontaneo un appello per dare una risposta coraggiosa alle situazioni di tante povertà della nostra umanità.
Scriveva Saint Exupery: "Ci vuole un giardiniere per far sbocciare una rosa". Annalena vedeva le creature del mondo come fiori chiusi. "Il problema è che da soli non fioriranno mai... e di giardinieri per le masse dei poveri non se ne trovano, se non rarissimi".
E tu cosa pensi?