Missione giovani: Per non perdere... la bussola
Quando p. Marcello mi ha detto che avrebbe voluto dedicare uno spazio ai giovani, non pensavo sarebbe toccato a me inaugurare questa rubrica, con la quale spero di poter interagire con tanti altri giovani. In questi anni abbiamo avuto la collaborazione di Caffi e Frigerio, Tosolini e Ceresoli, Menin, Grasselli e Turazzi. Grazie alle loro preziose riflessioni, moltissimi lettori (e ci sono anch'io) hanno scoperto tanti aspetti del carisma dei saveriani e del beato Conforti, del nostro essere missionari nell'umanità di oggi. Sono stati come una bussola per tutti noi.
Ecco, proprio la bussola! È una parola che mi torna in mente spesso quando penso a noi giovani. Mentre scrivo, si discute ancora della sentenza al processo di Perugia che coinvolge giovani universitari. Quasi in contemporanea sono arrivati i verdetti sul delitto di Garlasco, con due giovani fidanzati protagonisti. Ben al di là di un'attenzione morbosa ai particolari scabrosi che fanno parte di un voyeurismo invadente e produttore di audience, la società si chiede "dove stiamo finendo". Sociologi, criminologi, psicologi passano da un salotto televisivo all'altro a dare le loro spiegazioni, senza indicare però... le uscite d'emergenza.
Ma cosa pensano i coetanei di vittime e imputati dei "casi" sopra citati e di altri simili? Come reagiscono i giovani?
Personalmente, essere sbattuto in prima pagina non mi diverte. Mi amareggia ascoltare di ragazze uccise da presunti fidanzati o amici, da compagni occasionali o da aggressori seriali. Né mi piace essere psicanalizzato, insieme a famiglia e scuola, ogni volta che mi trovo di fronte a qualcosa di negativo che riguarda le mie generazioni.
Sono tanti i giovani che collaborano con i missionari e le associazioni di volontariato, negli oratori e in strada. Ma in prima pagina questi non ci vanno mai. Anche loro hanno studiato nelle università, sono fidanzati e magari sposati... Eppure tutti questi giovani rientrano nell'elenco della normalità che non merita lo spazio di una notizia. Non sono "casi"; non fanno audience. È giusto così? Se si deve esporre il male per condannarlo e prevenirlo, non è altrettanto giusto mostrare il bene e incoraggiarlo?
Non c'interessa sapere chi ha ragione e chi torto. C'interessa di più capire come un cristiano aperto al mondo debba comportarsi di fronte a certi fatti. In fondo, tutti abbiamo bisogno di una bussola. Anche quei giovani che dedicano un po' del loro tempo ai bisognosi; anche chi è impegnato nell'impresa non facile di formare la famiglia.
Sentiamo il bisogno di guide sicure, mentre percorriamo la strada, per non smarrirci in mezzo al guado. Se perfino tra i sacerdoti uno attacca e l'altro minimizza, un altro tace e attende che qualcuno si esprima, chi di loro ha la vera bussola? Chi di loro può essere la nostra guida? A chi possiamo guardare per prendere una decisione e fare una scelta? Non vogliamo la "pappa pronta", anche se alcuni di noi sono davvero dei "bamboccioni". Talvolta è sufficiente anche il silenzio; ammettere che non possono esserci parole per tutto.
Capiamo che le risposte dobbiamo trovarle noi, confrontandoci serenamente e con serietà. Ma forse scopriremmo che tra noi non la pensiamo in modo così diverso; avremmo forse la sorpresa di essere più d'accordo noi di tanti professori, esperti e politici che sentiamo e leggiamo. Però non avere punti di riferimento porta all'incertezza, che facilmente si trasforma in apatia, disinteresse o assuefazione.
Cari adulti amici, aiutateci a trovare una bussola e studiamo insieme il modo migliore di utilizzarla per compiere un percorso comune, anche se a diversa velocità.