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"Mi sono arreso a Dio", Finalmente in Brasile

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Dopo la morte di don Leo, mi sono chiesto se il Signore non mi chiamasse ad allargare gli orizzonti. Ma anche dopo questa riflessione, mi convinsi che la mia missione era ancora a Imola. Poi, però, ho sentito una vera e propria “chiamata” da parte di Dio e così...

Impossibile dire di no!

In realtà, negli ultimi anni, riflettendo con altri sacerdoti, avevo compreso meglio cosa significasse vivere la volontà di Dio, nelle piccole scelte quotidiane come in quelle più grandi e impegnative. Riconoscere che "Dio è amore", ha avuto come conseguenza quella di scegliere Lui come mio unico bene, desiderando amarlo in ogni istante, nelle circostanze concrete e in tutte le persone, ritrovando nel prossimo la sua presenza.

Nel frattempo, il vescovo di Imola desiderava dare nuovo impulso, soprattutto fra i preti imolesi, al progetto “Chiese sorelle”. Così, quando tre anni fa il vescovo mi ha chiesto se fossi disposto a partire per la missione, non ho potuto far finta di niente. Mi sono confrontato con alcuni amici sacerdoti e con i miei familiari che, se pur dispiaciuti, non si sono opposti alla mia scelta.

Il vescovo mi ha "smontato"

Ho parlato con mons. Ghirelli di alcune mie perplessità. La principale era legata a una considerazione: don Leo era molto amato e apprezzato dai suoi parrocchiani brasiliani; temevo che essi si sarebbero aspettati che io ricalcassi le sue orme, nello stile e nelle iniziative... Il vescovo - da buon padre - ha “smontato” le ragioni dei miei dubbi, e a questo punto mi sono arreso... a Dio! La sua volontà si rivela in modo particolare attraverso la voce del vescovo e dei superiori. Una scelta diversa sarebbe stata incoerente con la mia vocazione sacerdotale.

Ho fatto una prima esperienza di sei mesi in Brasile, per sostituire un sacerdote “fidei donum” della mia diocesi. In quel periodo ho fugato definitivamente le mie numerose perplessità e ho iniziato a conoscere da vicino la nuova realtà. Tornato a casa, ho rinnovato al vescovo la mia disponibilità per la missione, questa volta per un periodo più lungo. Il 5 febbraio di quest’anno sono ripartito. Ora sono di nuovo qui, nella parrocchia di Jesus de Nazaré, a offrire la mia persona, il mio tempo e le mie energie, affinché Cristo sia conosciuto e amato.

Il passaggio del testimone

Le persone che incontro qui in Brasile mi aiutano a conoscere meglio mio zio. Mi raccontano tanti episodi della sua vita: in che modo li ha aiutati a incontrare il Signore; come li ha educati a una vita cristiana intensa... Mi accorgo che non hanno pretese nei miei confronti: mi stimano per quello che sono.

Come parroco, sto cercando di conoscere sempre più a fondo le 14 comunità che compongono la parrocchia. Il mio compito è di dare loro un orientamento pastorale. Sono aiutato da due sacerdoti, con cui condivido la vita missionaria, e da alcune suore di una congregazione diocesana.

Le difficoltà non mancano, come in ogni luogo. Ma sono convinto che il vero Pastore di questo gregge è Gesù, e che io sono solo un suo strumento. L’Eucaristia quotidiana, la parola di Dio, l’amore reciproco, il magistero del Papa, sono gli aiuti che Gesù mi offre perché non mi perda in preoccupazioni inutili. La meta è chiara. Basta che io segua il cammino e Colui che lo traccia ogni giorno per me.

Una curiosità. I miei ultimi mesi a Imola li ho vissuti come cappellano dell’ospedale civile. Mi ha sostituito un saveriano, anziano per età, ma giovanissimo nello spirito: padre Agostino Clementini, che ha speso molti anni in missione e appartiene alla comunità di S. Pietro in Vincoli. Lui è arrivato e io sono partito. È stato quasi un passaggio di "testimone", tra un missionario "reduce", che continua a rendersi disponibile per l'animazione missionaria in diocesi, e un sacerdote diocesano che parte per la missione. Devo proprio ringraziare i saveriani!



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