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La missione chiama: Ospedale, scuola di Dio

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Mi sono ammalato. Sono entrato in ospedale proponendomi di non pensare a me, ma di vivere l'unica cosa che conta: amare. E ho ritrovato la famiglia, l'appartenenza a te, Signore, e alla nuova comunità: malati, medici e infermieri; tutti noi, così come siamo, con situazioni e caratteri diversi. Ospedale: scuola di Dio.

Con te, tutto acquista dignità. Grazie, Signore, per la lezione di questi giorni.

Ho letto che il legno delle croci su cui morivano i crocifissi, porta i segni del sangue, del sudore, della diarrea. Gesù, grazie per aver vissuto tutto questo nella tua passione d'amore per ciascuno di noi. Grazie perché mi hai dato di sentirti anche accanto a me. Credevo di poter dare, e tu m'insegnavi a saper perdere, a spogliarmi di tutto ciò che non è te. Il dono finale della solitudine è l'aggancio più forte per fare posto a te.

Capisco però che solo con la grazia e la forza del tuo Spirito posso vivere la tua vita. Donaci, Signore, di respirare con te il dono della vita, aperta alla tua bontà.

Penso allo Spirito Santo, respiro e amore di Dio, dono che il Crocifisso risorto continua a riversare su ciascuno di noi e sull'umanità. È nuova Pentecoste. Il mistero pasquale non è una semplice dottrina, ma un evento d'amore. "Che nessuno chiuda il cuore all'onnipotenza di questo amore che redime!", scrive papa Ratzinger.

Gesù risorto invia anche noi dappertutto come testimoni della sua speranza e ci rassicura: "Io sono con voi sempre". Nelle sue piaghe riconosciamo i segni della misericordia infinita di Dio che continua a risanare le ferite dei cuori spezzati, a difendere i deboli e a proclamare la libertà degli schiavi. Un programma che Dio vuole realizzare con noi.

Tu che mi leggi, ci stai? È una scelta coraggiosa, legata alla croce del risorto Gesù.

Vedo le nostre missioni, dove tanti poveri bussano alla porta cercando consolazione e dignità; ma soprattutto dove si aprono rapporti nuovi tra persone e popoli, tesi a superare ingiustizie, odio e violenze; dove tante persone, soprattutto giovani, con il battesimo incontrano Gesù.

È un grande dono. La comunione con Cristo Gesù ci coinvolge nel suo essere per tutti, e ne fa il nostro modo di essere. Egli c'impegna per gli altri. Ma solo nella comunione con lui diventa possibile esserci veramente per gli altri. Tutti apparteniamo a Dio Amore, che ci è Padre e in Gesù si è fatto fratello nostro; viviamo nell'inondazione del suo Spirito, Signore che dà la vita; ci apparteniamo, perché fratelli e sorelle dell'unica famiglia umana.

Perciò la legge nuova dell'umanità non può che essere un amore più grande, e l'annuncio dell'amore evangelico è la risposta all'anelito di fraternità che ognuno porta dentro di sé. La gioia comincia quando e dove si vive protesi verso l'altro. Oggi sempre più comprendiamo che la felicità non si trova nella solitudine di una vita ripiegata su se stessa, ma nel dono di sé. Solo allora si diventa pienamente uomini e donne, testimoni dell'amore.

L'amore evangelico non è un sentimento vago, ma apertura, servizio, accoglienza. L'ho visto in tante persone delle nostre comunità di missione, soprattutto donne, attente a servire gli ultimi, i malati, i prigionieri; persone capaci di accogliere profughi e orfani, di condividere e allargare la propria famiglia secondo i bisogni di chi arriva.

Ricordo Chiara Lubich: donna intrepida di fede, mite messaggera di speranza e di pace, vera missionaria. Ha abbracciato le piaghe dell'umanità, per realizzare insieme a fratelli e sorelle il testamento di Cristo: "Che tutti siano una cosa sola". Con la sua vita, Chiara è un invito forte a unirci al "sì" di Maria, mamma di Gesù e madre dell'umanità.



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