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La globalità del martirio

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Torna la primavera

Anche quest'anno la stagione della luce e dei fiori tornava a brillare nell'aria e a far dimenticare un inverno lungo e freddo. Erano le prime giornate di primavera. Ma la gente, più che alla festa antica della natura, sembrava riservare la  sua attenzione più grande alle morti barbare perpetrate da mano di assassini scatenati da interessi economici e politici.

La settimana precedente la televisione aveva fermato le sue immagini dentro una povera chiesetta del Pakistan, dove una comunità di cristiani era stata sterminata dal terrorismo islamico. Erano poveri come ce n'è pochi al mondo, eppure l'odio religioso li aveva privati di quello che restava loro: la consolazione di pregare insieme nel giorno del Signore.

Tre giorni dopo, un sabato notte, due killer a volto scoperto avevano assassinato un vescovo colombiano, mons. lsaias Duarte.

Come i suoi fratelli caduti in missione, quel vescovo denunciava le ingiustizie e i gruppi di potere che ne sono responsabili, si batteva contro la corruzione, difendeva i diseredati, rifiutava la violenza. La sua persona disturbava soprattutto i trafficanti di droga. Un odio dalle radici religiose, lo ha fermato davanti alla porta della chiesa dove andava a domandare al suo Dio la forza di non tacere.

Passarono altri due giorni. Il lunedì notte, lo stesso copione di odio religioso si ripeteva a Bologna: due killer a volto coperto assassinavano Marco Biagi, uomo che si presentava i ogni situazione determinato a mettersi d'accordo con gli altri. Un odio ideologico lo ha fatto cadere davanti alla porta di casa, dove l'affetto della sposa e dei figli lo rincuorava dalla paura di vivere la religione del lavoro e del dialogo.

La Primavera più attesa

Tre episodi di martirio. Simultanei. Celebrati in tre continenti differenti. Nulla si potrebbe fare di più e di meglio per affermare che tra tante dimensioni della vita economica e sociale che pretendono di essere globali, anche il martirio rivendichi una sua sacrosanta globalità.

La globalità del sacro. I martiri rimangono i maestri impavidi della coscienza della gente. Dal loro sangue sgorga la primavera  più attesa. Da tutto il mondo. E il Vangelo fa eco: "Non c'è amore più grande di colui che dona la vita per far conoscere ai fratelli i frutti migliori dell'umanità": la libertà, la pace, la solidarietà, la riconciliazione, il dialogo, l'accoglienza e la voglia di comprendersi.

In quei giorni sono tornato a guardare le fotografie di Saveriani: p.Giovanni Didonè, p.Luigi Carrara, martirizzati in Congo, p.Aldo Marchiol e p.Ottorino Maule, martirizzati in Burundi e fratel Vittorio Faccin ucciso in Congo.

Le loro foto sono appese nel corridoio della nostra vecchia casa di Piacenza, perché gente buona di Piacenza, li ha aiutati a crescere.

Passavano il loro tempo tra lo studio della teologia, il servizio alle parrocchie, belle gite in bicicletta in Val Tidone. Allora sarebbe stato impossibile dire che cosa avessero di diverso da tanti altri giovani come loro. Nulla faceva  resagire che il Signore stava preparando per loro un futuro da martiri.

Uccisi perché aiutavano i poveri

Padre Aldo in Burundi era occupato ad insegnare ai poveri come comportarsi nei riguardi dell'ingiustizia dilagante. Ricordo quando mi raccontava la soddisfazione che provava nel vedere crescere la coscienza della gente riguardo alla propria dignità e alla solidarietà.

Gli sembrava che il progresso di quella gente fosse ormai un traguardo vicino, quando anche per lui è arrivato un sabato sera. Stava seduto al tavolo e preparava l'omelia per la Messa della domenica. Due uomini armati lo hanno raggiunto alle spalle, gli hanno intimato: "inginocchiati" e gli hanno sparato alla nuca.

Padre Luigi era in chiesa e stava pregando il breviario, quando fuori echeggiarono delle voci concitate. Uscì e vide un militare che stava per uccidere fratel Vittorio. Gli corse incontro gridando: "È tuo fratello!". Ma dal mitra erano già partite le pallottole per lui e fratel Vittorio. Alcuni testimoni che avevano assistito all'esecuzione di p. Luigi e di fratel Vittorio assicurano di aver sentito il militare gridare: "Ora vado ad uccidere anche p. Giovanni". Di p. Giovanni Didonè, ucciso sulle montagne del Congo non è rimasta che questa memoria: abitava in una missione fuori dal mondo.

Condivideva il poco che c'era con la sua gente. Gli mancavano anche i servizi più elementari. Neppure il vescovo era riuscito a dirgli: "Va' in una missione più vivibile".

Quanto è cambiata in meglio la mentalità della povera gente del Burundi e del Congo in questi anni di guerra civile. E credo che p.Ottorino Maule, Katina Gubert sia cambiata proprio perché i mai è stata dissociata dal martirio di questi missionari e di tanta gente che è morta con loro.

Mi sembra bello, in questo vecchio convento di Piacenza che crolla da tante parti, ricordare che a Piacenza, che la gente di Piacenza ha aiutato i Saveriani a crescere dei martiri. Nessun'altra Comunità saveriana ha formato tanti martiri per cambiare il mondo, quanto la Comunità di Piacenza che custodisce il Crocifisso miracoloso e che per decenni è stata sostenuta dalla generosità e dalla preghiera dei piacentini.



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