La bambina e il fratellino, Ciò che conta è...
A Tavernerio, Clementine, ci ha commosso con il racconto dell'assalto subito dalle saveriane, qualche tempo fa a Luvungi, in Congo. Un terribile mattino si trovarono costrette ad abbandonare la missione, perché i militari, scesi dalle montagne che fanno da corona al popoloso villaggio, stavano incendiando le capanne della gente e saccheggiando anche l'ambulatorio della missione.
Un guizzo... felino
In quei momenti le saveriane capirono una cosa sola: dovevano unirsi alle gente che scappava, per evitare gesti inconsulti che, in quella situazione, avrebbero trasformato le violenze in tragedia. Fra paura e tensione, capitò qualcosa di imprevisto che cambiò il senso delle cose. Nel cortile della missione era entrata una bambina che portava sulla schiena il fratellino più piccolo di lei. Aveva camminato tutta notte per sentieri di montagna, sospinta da un'idea che le martellava in testa: "Devo raggiungere l'ambulatorio delle suore perché mio fratellino ha una pallottola dentro il piedino".
Il mattino precedente, infatti, i soldati avevano portato scompiglio nei villaggi a monte. A un certo punto avevano fatto irruzione nella capanna dove quella bambina aveva trovato riparo insieme a sua madre, che portava il fratellino sulla schiena. In un attimo, con un guizzo di quelli che riescono solo ai bambini, si era nascosta dietro la porta; da qui aveva sentito sparare due colpi. E, mentre i soldati continuavano a vociare in modo concitato, lei era riuscita a raggiungere il vicino bananeto.
Una lezione importante
Là aveva trascorso la notte in un'attesa interminabile. Al calare del sole si azzardò a rientrare nella capanna. Sua madre era supina, per terra, in una pozza di sangue. Il fratellino era ancora vivo, tutto rannicchiato sulla schiena della madre. La bambina si rese conto di esser rimasta sola, senza più nessuno al mondo. Aveva capito che toccava a lei salvare la vita al fratellino.
Al vedere quella bambina, suor Clementine abbandonò la fila dei profughi e prese la strada verso un ospedale distante 60 chilometri. Là il fratellino della bambina fu curato. Tutti e due furono accolti in una delle tante famiglie che, anche quando fuggono dalla guerra, non dimenticano di salvare la vita degli altri.
Suor Clementine ha concluso la sua testimonianza ricordando che, quella mattina, una bambina congolese senza nome, le ha insegnato che la cosa più importante è salvare la vita umana.