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L’intervista a mons. Baturi

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Nemmeno il maestrale, che soffiava con forza su Cagliari, ha potuto fermare l’intervista con l’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi. Venerdì 20 novembre, con un sorriso, ci ha accolti nel suo studio per dialogare con noi sulla missione. In tutta semplicità, gli abbiamo rivolto qualche domanda a cui, amabilmente, ha voluto rispondere.

Innanzitutto gli abbiamo chiesto cosa vuol dire che siamo tutti missionari e che cos’è la missione. Partendo dalla consapevolezza che questa appartiene all’essenza della Chiesa, egli ha insistito molto (a più riprese, in tutta l’intervista) nell’affermare che la missione è la chiamata di un’amicizia. Infatti, non si può godere della gioia dell’incontro con Cristo senza condividerla. Dobbiamo portarla e diffonderla a tutti. La missione ai popoli è l’esempio, la stella polare di ogni cristiano. È l’incontro con l’altro, utilizzando un linguaggio adatto, che mi fa entrare in comunione con qualsiasi persona. Non è solo missione a casa nostra, ma deve avere un respiro universale. Più apriamo il nostro orizzonte, più saremo aperti.

Il vescovo sottolinea che le visite in missione non sono solo una grande emozione, ma devono concretizzare la nostra vocazione di condivisione della gioia del Cristo. E ricordava una delle sue guide spirituali che diceva: “Se dal seminario ogni anno non parte qualcuno in missione, c’è qualcosa che non funziona”. In questo respiro universale tra le chiese, il missionario è un testimone che può dare ossigeno, quando cala la tensione.
Passando poi a san Francesco Saverio e a san Guido Conforti, insiste ancora che la tensione missionaria del Saverio (con l’aiuto di sant’Ignazio) è nata dall’amicizia con Cristo per andare agli estremi confini del mondo e donare la sua vita agli altri. Di mons. Conforti ricorda che la missione non è estranea alla Chiesa particolare. E aggiunge che lo slancio missionario deve appartenere ad ogni presbitero e vescovo: si è ordinati per il mondo intero.

Concludendo, gli abbiamo chiesto cosa si aspetta dai missionari. La risposta è un forte incoraggiamento a non essere solo “forza lavoro”, ma una presenza profetica nella diocesi per aprirla al mondo intero. Quindi: spiritualità missionaria, conoscenza, occasioni di incontro, animazione nella vita delle parrocchie… Il vescovo cercherà di darci una mano. Anche le “Mutuae relationes”, infatti, invitano a valorizzare il carisma di ogni famiglia religiosa e missionaria.

Questo incontro ci ha fatto bene e ci ha incoraggiato. Ci sentiamo spronati a fare di più, naturalmente con l’aiuto di tutti, augurando all’arcivescovo “ad medas annos” in mezzo a noi, testimone dell’amicizia con Gesù, come ci ha ricordato.



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