Skip to main content
Condividi su

L’hanno sempre detto che l'amore non è amore vero se non circola, se non si diffonde, se non produce più amore e più vita. Un principio questo che tutti noi, che umilmente ci riconosciamo “buona gente”, ben conosciamo e cerchiamo di mettere in pratica, sia nella nostra quotidianità come nelle grandi scelte.

Questo indiscutibile presupposto di… vita bella diventa particolarmente evidente in terra di missione, dove lo scopo primario del missionario è anche quello di evidenziare le enormi quantità di bene e verità, che ogni essere umano ha ricevuto da Dio direttamente o per la mediazione dei tanti. Vi dico tutto questo anche per rispondere alla domanda che spesso mi viene rivolta da parenti ed amici in Italia: “Quali sono state in tutti questi 50 anni di Sierra leone le tue esperienze missionarie più significative?”. Sinceramente, non mi è facile rispondere. Anzi, mi è impossibile, prima di tutto perché alla mia età la memoria sta vacillando. E poi, perché la missione non fa distinzioni tra piccole e grandi esperienze. “Il solo essere qui nella totalità del mio essere ad vitam - dicono le Costituzioni saveriane - è vivere in pieno la mia vocazione missionaria”.

Però non posso neppure ignorare la risposta. Eccomi allora. Sinceramente la missione, in tutta la sua bellezza e varietà, ha sempre riempito i miei giorni di impegno, relazioni, carità, voglia di bene con tutti e per tutti. Insieme alla grande maggioranza dei miei confratelli, posso davvero affermare che la missione è soddisfazione e gioia pura. Ed è tanta, anche quando il seme del Regno non porta i frutti desiderati e sperati perché caduto tra i sassi e i rovi di spine. Provate a chiedere ai missionari di ritornare in Italia per compiti di formazione o amministrazione. Gentilmente vi manderanno… a quel Paese! Perché la missione riempie la nostra vita di bene, di fratellanza, di essenzialità. Non è che qui sia tutto rose e fiori, no, ma pure le frequenti difficoltà e sofferenze ci servono per rafforzare il nostro impegno nella pazienza e speranza.

Lasciate che vi racconti un piccolo episodio, che non dimentico mai. Pa Gbassay era cieco e mendicante. Ogni venerdì faceva a piedi i 5 chilometri dal suo villaggio a Kambia, la cittadina dove mi trovavo per la parrocchia e la scuola secondaria. Era un fedele musulmano che, dopo aver chiesto l'elemosina ai suoi ed aver pregato in moschea, cominciò a venire da noi per ricevere ancora qualcosa prima di tornarsene a casa. Generalmente arrivava verso le 14.30, proprio quando avevo appena iniziato la mia siesta necessaria. Ma come potevo ignorarlo, anche a nome della Chiesa, con la sua carità universale? Ed era pure un simpatico vecchietto che parlava volentieri, anche se capivo ben poco.
Poi, un giorno, questa benedetta carità mi suggerisce di portarlo a casa con il camioncino e risparmiargli almeno due ore di strada e di sole cocente. In breve tempo il viaggio del venerdì per il mio Pa Gbassay divenne un'abitudine, sia per lui che per me, un piccolo ma vero gesto del Regno. E ce la godevamo entrambi.

Dopo il mio trasferimento da Kambia, fortunatamente i miei confratelli continuarono la tradizione che avevo iniziato e ogni venerdì volentieri lo riportavano a casa dopo avergli dato una abbondante elemosina. Dopo qualche anno, Pa Gbassay si ammalò più di vecchiaia che di malattia. P. Luciano andava a trovarlo quasi ogni giorno, ben sapendo che la sua morte era ormai vicina. E un giorno, fulmine a ciel sereno, Pa Gbassay chiese a p. Luciano di morire cristiano… come i missionari, che per vari anni l’avevano assistito. “Che nome vuoi per il battesimo?”, gli chiese il padre. Pronta fu la risposta: “Louis”… cioè Luigi come me! L'amore, l'amicizia, la carità erano davvero sbocciate allora per la vita eterna!
Caro Pa Gbassay, preparami un posticino lassù, dove certamente ti trovi, per stare sempre insieme nel Suo immenso amore.



Scarica questa edizione in formato PDF

Dimensione 2537.69 KB

Gentile lettore,
Continueremo a fare tutto per portarvi sempre notizie d'attualità, testimonianze e riflessioni dalle nostre missioni.
Grazie per sostenere il nostro Giornale.


Altri articoli

Edizione di Gennaio 2006

Primo sacerdote saveriano bengalese

Polash Gomez è il primo prete saveriano del Bangladesh. È un giovane di 31 anni, nato a Golla, una delle comunità cristiane più antiche della dioce...
Edizione di Aprile 2012

Pastorale sociale: La mistica dell’esagerazione

Si dice, esagerando, che Abaetetuba sia la città più religiosa del Brasile. Di fatto, la religiosità qui è ben visibile. Oltre ai nomi religiosi pr...
Edizione di Novembre 2003

Notizie Flash: Congo, Giappone, Brasile

CONGO RD: Padre Sisto prete da quarant'anni Nato nell’incanto delle montagne bellunesi, ha trascorso otto anni della sua infanzia in Sardegna. In ...
Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito