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L'annuncio della speranza, La fede non è mai una follia

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Non è mai stato semplice annunciare che Gesù, condannato e messo a morte sulla croce, dopo tre giorni è risorto ed è vivente per sempre. Per chi non ha fede quest'annuncio sembra addirittura una parola che non ha senso, una follia. Lo sperimentiamo ogni volta che incontriamo sul nostro cammino la morte o una gran sofferenza o una situazione carica di assurdità.

C'è ancora speranza?

Annunciare il vangelo della risurrezione è più difficile che annunciare la parola della croce, perché la croce è opera degli uomini e perché di croci ce ne sono sempre state tante nella storia dell’umanità.

La risurrezione, invece, non può essere che opera di Dio.

Anche in questi giorni la nostra terra è insanguinata da atti terroristici e da molte guerre, alcune delle quali durano da una decina di anni. Quando ce le mostrano, noi le guardiamo forse con distacco, standocene in poltrona davanti alla televisione, come fossero un western.

Dove si va a trovare una parola di speranza per quelli che hanno perso, in un modo del tutto assurdo, i famigliari più cari, la casa, la patria, tutto? C'è una speranza all'orizzonte dell’umanità? Si può ancora cantare l'alleluia della Pasqua in questo mondo d'ingiustizia, di conflitti e di tanti morti?

Si può onestamente annunciare che l’odio, la violenza e la morte non sono l’ultima realtà?

Una parola forte

Sì, lo possiamo e lo dobbiamo. Nel cuore dei cristiani, risurrezione è una parola forte, che sale dal profondo e vince ogni dubbio, ogni esitazione. Una parola che vince ogni altro evento che sembra contraddirla. La tentazione è la repressione di quei sentimenti di speranza che sono nel cuore d'ogni uomo; di quell'attesa nascosta che ogni anno si sveglia all'annuncio della Pasqua per far emergere e rinverdire, come una nuova primavera, la nostra vita.

Questo annuncio, per fortuna, non è poesia. Questa è la fede cristiana. Davanti alle disgrazie che caratterizzano la nostra vita e il mondo, sentiamo che la forza della risurrezione è la grazia di Dio che vuole la vita e non la morte, che vuole salvare e non perdere.

I nostri fratelli orientali per celebrare la risurrezione hanno un'icona di Gesù che con la sua croce scende nel regno dei morti, ne spezza le catene e tende la mano al nostro progenitore Adamo per rimetterlo in piedi. La Pasqua è annunzio di liberazione.

Una casa di pace

Risurrezione vuol dire vita nuova, un mondo nuovo, il regno di Dio che si realizza. Risurrezione è la speranza dei cristiani, la forza che fa andare avanti i missionari, nella lotta per un mondo diverso dall'attuale, dove non vinca la menzogna ma la verità; non la forza ma l'amore; non il denaro ma la gratuità. Un mondo diverso, dove il più grande si mette a servire i più piccoli; dove gli uomini dispersi si sentono di nuovo fratelli impegnati a costruire una casa di pace.

Non sarà un sogno destinato a spegnersi all'alba? No! San Paolo ha scritto che se Cristo non è risorto, allora i cristiani sono i più miserabili degli uomini, degni solo di essere compatiti. Certamente ogni discepolo di Gesù, vedendo la morte all’opera nel mondo e sperimentandone la forza distruttrice anche nel proprio corpo, soffre la contraddizione, sente la paura e anche l’angoscia. E si domanda: quando tutto questo finirà?

Nella speranza e nella carità

Ma la parola del vangelo di Pasqua lo rincuora anche oggi: "Il Signore è risorto, non è qui". Il Signore è vivente, non è stato sopraffatto dalla morte. Egli si trova dentro la nostra speranza e si fa vedere nella nostra carità: "Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri".

Il cristiano di Pasqua si sente chiamato a essere testimone della speranza, uno che non teme la morte. Questa è la missione della chiesa e questa è la parola d'ogni missionario: "Il Signore è risorto!".



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