In ricordo di padre Bruno Dri, Quel saveriano "un po’ matto..."
Padre Bruno Dri ci è stato portato via inaspettatamente il 3 febbraio, nell'ospedale di Parma dove era stato ricoverato d'urgenza sette giorni prima per difficoltà respiratorie. Era in casa madre dal 2001 per malferma salute.
Il corredo nella valigia rossa
Era nato a Porpetto il 14 febbraio 1928 da Venanzio e Giuseppina Carraro. In una delle sue interviste, alla domanda perché aveva deciso di fare il missionario, rispondeva: "Per tante ragioni, ma una è perché sono un po' matto...". La parola che gli era uscita di bocca, richiamava gli inizi della sua vocazione, quando sentì dare della "matta" a sua madre, perché lasciava partire il figlio di 13 anni per diventare missionario.
"La mamma gli prepara il piccolo corredo e lo mette in una valigia di fibra rossa. Poi la partenza con il cappellano della parrocchia, diretti all'istituto saveriano di Vicenza. Sosta alla stazione di Venezia. C'è qualche ora libera prima del treno: una visitina breve alla città. A un certo punto il ragazzo si ricorda di aver lasciato la valigia alla stazione... Tutte le cure della mamma per il corredo, andate in fumo. Ritornano in fretta alla stazione: la valigia rossa è ancora là ad aspettarli" (Missionari Saveriani, febbraio 1978).
La missione in Bangladesh
Ordinato sacerdote il 3 ottobre 1954, l'anno dopo p. Bruno era partito per la missione in Bangladesh, insieme a p. Francesco Tommaselli. Dopo aver imparato la lingua bengalese, p. Bruno ha lavorato nelle missioni di Shimulia e Satkhira, tra i cristiani fuori-casta; ma già nel 1959 era stato nominato superiore dei saveriani in Bangladesh ed era stato economo e procuratore diocesano fino al 1980.
A padre Bruno stava a cuore il dialogo. Se ne parlava tanto dopo il concilio Vaticano II. Aveva constatato che tra le popolazioni di religioni diverse in Bangladesh il dialogo era già in atto, spontaneamente. Si viveva in buona armonia; i cristiani erano un piccolissimo gruppo - lo 0,3 % - ma erano rispettati e benvoluti, anche per merito delle scuole e delle opere di assistenza sociale.
"I ragazzi che hanno frequentato le nostre scuole - scriveva p. Bruno - conservano un buon ricordo dei missionari". Lui stesso ha avuto esperienza di questa benevolenza da parte della gente, anche non cristiana, che lo invitava nelle loro case. Spesso erano i figli che inducevano i genitori a invitare il missionario. Così si creava il senso dell'amicizia, che è il primo passo per un interessamento anche dal punto di vista religioso (da Missionari Saveriani, maggio 1999).
Fedele alla preghiera
Nel 1980 p. Bruno è richiamato in Italia per il cosiddetto "avvicendamento": svolgere l'incarico di amministratore alla procura delle missioni a Parma. Cinque anni dopo, nel 1985, era poi tornato in Bangladesh, dove è stato vicario generale, economo e procuratore per cinque anni; poi, per altri cinque anni è stato parroco a Shimulia, la sua prima missione.
Nel 1997 ritorna in Italia per cure. Passa qualche tempo a Udine e poi riparte per la missione nel 1999. Nel 2001 ritorna definitivamente, dopo 40 anni di servizio attivo in missione. Vive sereno, ha la mente limpida, ma non se la sente di impegnarsi in qualche attività fissa. Passa così il suo tempo, con la fedeltà alla preghiera comunitaria, interessato alla congregazione e alla vita civile.
Padre Bruno è uno che ha vissuto la sua missione con l'animo teso ad attirare a Cristo la gente tra cui si è trovato a vivere. Ma proprio l'inconvertibilità dei musulmani gli fece pensare che Dio ha le sue vie misteriose e dove non arriva la predicazione esplicita del regno di Dio, vi arriva con quell'influenza nascosta, descritta dalla parabola del lievito.
Ora, in cielo, gode la ricompensa del servo buono e fedele che ha vissuto bene la sua giornata.