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Il significato: La nostra piccola presenza

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Alessandro - Al di là di quello che facciamo e di quello che potremmo fare, ciò che dà senso al nostro venire in Brasile, come dicevamo all'inizio, non è questo "fare" ma il "voler essere". Se vogliamo cercare una parola che sintetizzi il senso di questo nostro essere qui in Brasile, pensiamo di poterla esprimere così: "presenza".

Ci sentiamo infatti prima di tutto una presenza. Desideriamo essere una presenza semplice, umile, discreta; una presenza che cammina a fianco di un popolo e di una chiesa, per testimoniare con semplicità che il sogno di san Guido Conforti di "fare del mondo una sola famiglia" e quello di Gesù di realizzare una fraternità universale tra uomini e donne che si sforzano di vivere i valori del vangelo (e non solo di predicare il vangelo...) è oggi una realtà possibile.

Ma presenza è anche altro. È scoprire ogni giorno che il dono più bello che Dio ci fa è quello di poter vedere i segni della sua Presenza in mezzo a questo popolo tanto diverso, in mezzo a questa chiesa giovane che cammina (anche qui non priva di contraddizioni); riconoscere la sua Presenza nel sorriso e nell'affetto dei bambini di Cantagalo, nell'affascinante cultura indigena, nel rispetto della natura e nei valori vissuti con semplicità dai contadini del movimento "sem terra"...

La nostra vocazione è nel matrimonio

Alessandra - Un'altra parola che potremmo usare per descrivere il nostro essere famiglia in missione è "quotidianità". Abbiamo scelto di partire non per fuggire da qualcosa né per realizzare qualcosa di straordinario, ma semplicemente per vivere quello che siamo - e siamo una famiglia - a fianco di altri fratelli e sorelle, per testimoniare con semplicità che è possibile "fare del mondo una sola famiglia".

Essere famiglia quindi significa continuare a vivere la semplice quotidianità. Il fatto di essere in missione, in realtà, non può farci dimenticare di questo. La nostra principale vocazione è e resta quella scelta nel matrimonio: la missione ci dà la possibilità di viverla più profondamente, lasciandoci stupire.

Le nostre giornate qui sono molto semplici. Forse, rispetto a quando eravamo in Italia, abbiamo la grazia di poterci ritagliare più spazio per le cose importanti: pregare, fare silenzio, visitare le persone, giocare e passare il tempo con i figli...: nostri e altrui.

Senza preghiera la missione è sterile

Alessandro - Un altro elemento importante di questo essere famiglia in missione è la preghiera. A volte uno dei rischi più insidiosi che si corre in missione (ma non solo...) è quello di preoccuparsi solo delle cose da fare. Ci sono tanti bisogni, tante necessità, tante richieste... E quelle che possono essere occasioni per vivere il servizio a volte diventano tentazioni che ci allontanano dalla preghiera e dal ritrovare in Dio il senso di ogni cosa e di ogni nostro agire.

Noi subito, appena arrivati, abbiamo avuto la fortuna di scegliere alcuni momenti fissi per la preghiera. L'abbiamo fatto come comunità, assieme ai tre saveriani con cui viviamo: p. Mario, p. Gabriele e p. Diego. È stata una scelta, per darci delle priorità. Senza questi momenti di preghiera siamo convinti che qualsiasi presenza, qualsiasi missione diventi più sterile.

Il venerdì facciamo la lectio insieme: è uno spazio speciale nel quale ci ritroviamo intorno alla Parola che nutre e fa crescere e nel quale vivere un tempo privilegiato di "ascolto". Il giovedì facciamo l'adorazione a Gesù Eucarestia, per pregare con il cuore aperto al mondo e ricordando le tante persone che ci accompagnano. Quando è possibile celebriamo la Messa tutti insieme. Ogni sera, prima di andare a dormire, facciamo una breve preghiera, coinvolgendo in modo semplice anche i bambini.

È bello non solo trovare il tempo per fermarci e fare silenzio, ma anche per pregare insieme, come comunità. In questo senso, credo che il tempo dedicato alla lectio sia un tempo speciale di grazia, durante il quale, nell'ascolto reciproco di ciò che la Parola suscita e provoca nei cuori di ciascuno, scopriamo grandi meraviglie, cogliamo prospettive nuove, ci aiutiamo a contestualizzare la Parola, cresciamo come comunità missionaria per l'evangelizzazione e per il servizio dell'umanità.

Una comunità di religiosi e laici

Alessandra - Ecco un'altra dimensione e un'altra parola chiave: la comunità. Da questo punto di vista l'esperienza di questi mesi è stata molto preziosa. Non solo per il fatto di essere in Brasile, ma anche perché quest'esperienza è stata pensata, voluta, cercata, desiderata e ora vissuta dentro una comunità, insieme ad altri tre missionari saveriani. Probabilmente si tratta di una cosa abbastanza nuova e insolita all'interno della famiglia saveriana.

Un'esperienza audace e difficile, che rappresenta anche una grande sfida. E come tutte le sfide è impegnativa, a volte sofferta. L'esito dipende spesso da una pluralità di fattori: un'alchimia tra i soggetti, una dimensione di fede che permette di accogliere l'altro (nonostante non lo si sia scelto) e infine dipende anche dal tipo di idea di comunità e di fraternità che ciascuno dei soggetti coinvolti ha in testa o vuole vivere.

I nostri due figli... missionari

Alessandra - Ecco, i figli appunto: un altro aspetto interessante di questo nostro essere in missione. Siamo partiti come famiglia per vivere il nostro essere famiglia; e questo anche con i nostri due figli: Francesco di 6 anni e Miriam di 2 anni. Loro non hanno scelto di partire. Come genitori ci siamo sentiti sempre in dovere di collocarli all'interno delle nostre scelte ancor prima di partire, escludendo - ad esempio - alcune mete troppo rischiose per via delle malattie o delle situazioni di violenza troppo pericolose per loro.

Pensiamo che il Signore ci abbia guidato anche in questo. Rileggendo i segni del cammino fatto finora, ci sentiamo di dire che Dio ci voleva condurre proprio qui in Brasile, a Laranjeiras! Certo, essere qui con due bambini non è la stessa cosa che essere solo una coppia di coniugi o essere single, sia come religiosi sia come laici. Essere in missione con i figli ci costringe a rivedere molte scelte, a mediarle, a rinunciare a molte cose, a condizionare i propri tempi...

Ma è anche una grande ricchezza. Vedere come anche i figli vivono questa missione - non scelta da loro ma accolta per amore dei genitori - è in qualche modo lasciarsi meravigliare e stupire da Dio. Loro, prima di noi, hanno sperimentato la fragilità di chi entra in un contesto nuovo, dove diventa difficile comunicare, dove tutti i principali punti di riferimento della vita sono modificati...



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