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Il bello nelle piccole cose, Segni che danno voglia di vivere

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Cari amici, è da tanto che non mi faccio sentire, ma le varie attività della missione e le bizze di internet mi hanno fatto restare lungo tempo in silenzio... Comunque sto bene, sono contento e cerco, giorno dopo giorno, di inventare cose nuove insieme ai miei confratelli.

La parrocchia "San Bernard" a Kinshasa sta crescendo. Il quartiere è vicino ai 30mila abitanti e molti che si erano allontanati stanno tornando. Ormai la chiesa è diventata piccola, e anche le scuole con più di duemila allievi.

Sorprese e scoraggiamento

2009 8 AgostinisOgni giorno gusto la sorpresa di vedere tutto questo fiume di gente: uomini e donne, giovani e bimbi che invadono il quartiere. Si perdono nelle stradine infangate, si ammucchiano di giorno nelle classi e alla sera occupano ogni spazio libero della parrocchia per incontrarsi, cantare, pregare. Il bello di quest'angolo di mondo resta la sua umanità che saluta, ride e lotta contro l'impossibile.

Ogni tanto, vedendo quanto cammino c'è ancora da fare, mi prende un po' di scoraggiamento. Dopo più di due anni di "democrazia", di promesse e di belle parole, il Congo è ancora instabile: non c'è lavoro, non ci sono medici né medicine, e le scuole aspettano ancora. Scendendo nel quartiere, guardo la strada piena di buche, i canali di scolo intasati, le immondizie che si ammucchiano in ogni angolo. Mi domando quanto ci vorrà ancora per sistemare le cose...

"Si comincia a respirare"

Poi un raggio di sole mi riporta verso la verità: in fondo è bello, si vive, si lotta, si va avanti, e la meta si avvicina. A volte il bello si scopre anche nelle piccole cose che restano nascoste, ma che sono segni di speranza, spiragli della luce di Cristo presente in mezzo a noi.

A Pasqua ho incontrato i catecumeni che si preparavano al battesimo. La maggior parte di loro erano giovani intorno ai vent'anni. Non ho domandato loro i "dieci comandamenti" né i "sette sacramenti". Ho chiesto perché avevano scelto di diventare cristiani e cosa significa per loro esserlo. Davvero di cose da dire ne avevano tante. La maggior parte di loro mi ha confidato che il mondo va troppo male e che solo dove c'è un po' di cristianesimo si comincia a respirare. Domandavano al Signore di aiutarli a cambiare la mentalità egoista per diventare luce anche per i loro compagni.

Due storie vere e commoventi

Mauren, una ragazza scappata da Goma durante la guerra, era nel gruppo dei candidati al battesimo. Le ho chiesto che cosa ha domandato al Signore in questo momento così importante per la sua vita. Lei è rimasta un po' in silenzio; mi ha guardato e ha detto: "La pace per il mio paese". Poi è scoppiata in un pianto a dirotto. Le ho ricordato che la Pasqua era anche questo: sapere che tutto ciò che fa male non è l'ultima parola; che Dio ci prepara la sorpresa...

Dorothée, invece, è una mamma del quartiere che ha accettato di accogliere un gruppo di orfanelli. Li raduna, li segue e ogni giorno prepara loro qualcosa da mangiare. Era scoraggiata perché non sapeva se tutta quella fatica avrebbe prodotto qualcosa... Le dico che, al di là dei risultati, è un bel segno di solidarietà, e poi se anche uno solo si salvasse, ne varrebbe la pena.

Il giorno dopo esco e trovo gli orfanelli di Dorothée. Dovevo firmare loro le pagelle prima delle vacanze di Pasqua. Colette, 9 anni, mi aspettava per ultima fuori dalla porta della classe, con un sorriso e un'emozione che non riusciva a trattenere. Mi prende la mano e mi trascina dentro. Jacoby, il suo insegnante, mi mostra fiero il registro dove devo firmare: Colette è la prima di 55 allievi della sua classe!

Sono piccole cose, ma sono segni belli, che danno la voglia di vivere, di non arrendersi alle difficoltà, di continuare a rischiare.



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