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Burundi: Quando arriverà la Pace?

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Dal racconto di un reduce

È ritornato per una urgente operazione di ernia al disco p. Mario Pulcini, ex Superiore religioso dei Saveriani del Burundi e ci ha parlato a lungo di quella missione. Qualcosa può interessare anche i nostri lettori.

Da un po' di tempo i mass media non parlano più del Burundi: si è arriva ti finalmente ad un accordo di pacifica convivenza fra tutsi e hutu?

Il quasi totale silenzio dei mass media sulla situazione del Burundi non nasce da una situazione di calma e di pacifica convivenza tra le due maggiori etnie. Sotto la spinta della Comunità Internazionale e del mediatore sudafricano, l'ex Presidente Mandela, da qualche mese è stato costituito un Governo di transizione, presieduto da un Presidente tutsi (Piene Buyoya) e da un vice Presidente hutu che, secondo gli accordi firmati da quasi tutti i partiti, dovrebbero alternarsi alla guida del Paese per i prossimi 3 anni.

Nel frattempo si è proceduto alla riorganizzazione dell'Assemblea Nazionale. Gli sforzi del nuovo Governo e dell'Assemblea Nazionale dovrebbero essere concentrati soprattutto nella preparazione di altre elezioni democratiche che saranno indette alla fine di questo triennio di transizione.

Questi fatti positivi hanno favorito il rientro in patria di molti hutu, protetti al loro arrivo in Burundi da una forza militare sudafricana. Il loro esilio fu causato dall'uccisione del primo Presidente hutu, eletto democraticamente nel 1993. L'opinione pubblica e la Comunità Internazionale giudicano positivamente questi primi passi di democratizzazione.

Un giudizio positivo condiviso anche dai mass media che credono e fanno credere che si sia finalmente giunti ad un regolare accordo definitivo di pace. Ma, a dire il vero, la situazione non è così idilliaca: sia l'esercito regolare, a maggioranza tutsi, sia i ribelli, quasi tutti hutu, non hanno accettato gli accordi firmati ad Arusha in Tanzania.

Purtroppo il conflitto è continuato con intensità ancora maggiore. E di questa guerra civile con conseguenze tragiche su tutta la popolazione, i mass media non dicono nulla. La situazione, in realtà, è molto drammatica, soprattutto nei quartieri nord, nella provincia di Bujumbura e in molte zone del sud-est del Paese.

Sono ancora molto frequenti gli scontri tra ribelli e forze regolari, continuano le imboscate contro i veicoli civili e sono innumerevoli le rappresaglie dei militari contro i civili, a causa degli attacchi dei ribelli contro le loro postazioni.

Quale il problema più difficile che il Governo deve affrontare?

Il Governo sta facendo l'impossibile per stroncare le ostilità tra militari e ribelli. L'esercito regolare accusa i ribelli di continuare la guerra e di rifiutare di partecipare agli accordi di pace sottoscritti ad Arusha da tutti i partiti di Governo. A più riprese e da innumerevoli personalità nazionali e internazionali è stato loro richiesto di deporre le armi e raggiungere il tavolo delle negoziazioni.

I ribelli per un loro impegno al dialogo chiedono la liberazione delle migliaia di prigionieri politici incarcerati dal 1993, anno dell'uccisione di Ndadaye, primo Presidente democraticamente eletto; e chiedono la chiusura di tutti i campi di  concentramento, la riforma dell'esercito a maggioranza tutsi, il rientro nelle caserme di tutti i militari impegnati sul terreno e che sono causa di innumerevoli sofferenze per la popolazione civile, la riforma della giustizia, ecc.

È chiaro che senza il "cessate il fuoco" per il Governo è molto difficile operare e costruire là dove la guerriglia continua a distruggere.

E per la Chiesa quali sono le situazioni più drammatiche?

La Chiesa del Burundi, parlo soprattutto della gerarchia, vive la stessa situazione di conflittualità presente nel Paese. Malgrado ciò, in alcuni momenti i vescovi hanno fatto sentire la loro voce, soprattutto per condannare l'uso delle armi e della violenza per il raggiungimento della pace. Ma le due parti in conflitto si sentono sufficientemente forti e capaci di arrivare alla guida del Paese attraverso l'eliminazione dei rivali.

Le innumerevoli vittime, le sofferenze della popolazione stremata da anni di guerra e da un continuo esodo non hanno nessun valore per i belligeranti. I vescovi continuano nei loro sforzi di portare al dialogo i contendenti, ma non si vedono risultati. Il conflitto ha sfasciato molte comunità cristiane e sta disorientando parecchi credenti e, per di più, si moltiplicano le sette tra i battezzati che la guerra fratricida ha allontanato dalla Chiesa.

Voi missionari riuscite a svolgere il lavoro di catechesi, di assistenza caritativa e di formazione cristiana?

Ci siamo ritrovati in situazioni gravissime di emergenza. Abbiamo potuto continuare il nostro lavoro di formazione e di pastorale per il coraggio ammirevole di tanti catechisti laici e di tanti responsabili delle comunità cristiane. Anche loro, pur vivendo in situazioni disperate a causa del conflitto, hanno continuato con ammirevole dedizione a partecipare agli incontri di preghiera, di catechesi e di formazione.

Il nord del Burundi ha vissuto una relativa calma e i confratelli han potuto lavorare in un contesto di pace. Sono soprattutto i confratelli e le sorelle Saveriane che lavorano nella periferia della capitale, Bujumbura, a trovarsi in una perenne situazione di emergenza umanitaria; i quartieri di Kamenge, Kinama, Cibitoke sono stati spesso sconvolti da scontri tra le opposte milizie e da azioni di distruzione perpetrate da bande armate. Con la partecipazione della popolazione e sostenuti da un coraggio straordinario, si continua a ricostruire.

La Chiesa italiana come può essere utile alla Chiesa del Burundi?

La Chiesa burundese, soprattutto per merito dei Vescovi, è molto legata alla Chiesa italiana. Posso sottolineare l'apertura di alcuni Vescovi italiani nell'accogliere nei loro seminari giovani burundesi che si preparano al sacerdozio: è un modo efficace per aiutare i futuri sacerdoti burundesi a relativizzare il grosso problema della divisione etnica.

In Burundi, oltre ad un buon numero di religiosi missionari, operano sacerdoti fidei donum di alcune diocesi italiane: sono come un gemellaggio di diocesi, con innumerevoli aspetti positivi che arricchiscono le due Comunità ecclesiali.

Disponibile da tempo la Comunità di S. Egidio nell'impegno di portare al dialogo le Comunità ecclesiali. E per ultimo, ma non per questo meno importante, la partecipazione del card.Tonini, con le sue Campagne a favore della ricostruzione delle case nei quartieri nord della capitale, la ricostruzione di dispensari e il potenziamento dell'università di Ngozi.

Il card.Tonini ha trovato nei Saveriani e nella Chiesa Locale, dei collaboratori straordinari per realizzare quanto lui si era proposto subito dopo una sua visita in Burundi e in particolare al quartiere di Kamenge completamente distrutto dalla guerra.



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