I giovani hanno messo le ali
Anche quest’anno, come da tradizione, papa Francesco ha invitato i giovani di tutto il mondo a capire che si è “beati” solo se si incontra Gesù e si realizza il suo progetto d’amore.
La festa qui siamo noi
Sabato 12 aprile, nel piazzale di fronte al castello aragonese di Taranto, tanti giovani della diocesi erano presenti all’appuntamento. Hanno fatto una grande caccia al tesoro per i vicoli della città vecchia e hanno scoperto i segni di coloro che vi hanno vissuto, sofferto e gioito. I bambini e i ragazzi, insieme ai fratelli scout, hanno riempito di gioia i vicoli e le postierle. Alla fine, le mani colorate dei bambini dell’isola antica sono rimaste impresse sulla foto di papa Francesco.
Finalmente, dalle 18, sono arrivati i protagonisti della giornata: i giovani. Le colonne doriche fanno fatica a restare immobili di fronte all’assalto che viene da tutta la diocesi. Anche i gatti che frequentano il sito, aprono i loro occhi e miagolano di gioia.
Arriva l’arcivescovo
Ma quando arriva l’arcivescovo? Le vedette del castello non lo vedono ancora, ma ci dicono che è in viaggio. Un po’ di pazienza e anche lui si immerge, giovane con i giovani, tra i “beati i poveri in spirito”. Al suo arrivo, tutti possono “scatenare la gioia” con i foulard colorati e le bandiere, perché “qui la festa siamo noi”.
Don Francesco, responsabile della pastorale giovanile, invita mons. Filippo a parlare ai giovani presenti, avvolti dalla brezza che viene dal mare. Ci dice l’arcivescovo: “La parola di Gesù «beati i poveri in spirito» deve essere portata da ciascuno di noi in coscienza, camminando, correndo insieme tutta la vita per incontrare Colui che ci ha incontrati: Gesù, sconosciuto ancora da tante persone”.
Poi, viene accolto il libro della Parola di Dio, dietro a cui in processione ci siamo avviati verso la cattedrale. Cantando e camminando in mezzo a bar e negozi, lungo le antiche mura, sentivamo ancora il respiro della Taranto antica. San Cataldo ci ha accolti nella sua cattedrale.
Non restiamo oziosi
Abbiamo ascoltato le testimonianze dei volontari “Amici di Marcellino”, che lavorano con i ragazzi per aiutarli a diventare adulti, per farli sperare e sognare in un futuro migliore. Le testimonianze erano accompagnate dalle parole di papa Francesco che invitano alla nonviolenza, a denunciare i casi di abbandono e all’aiuto fraterno.
Ma il nostro amico Gesù ci ha invitato alla preghiera e all’adorazione silenziosa: momento privilegiato per riflettere e dialogare cuore a cuore con lui. Le parole di mons. Filippo hanno reso viva e più concreta la presa di coscienza che noi non possiamo restare… con le mani in mano.
In strada, tra la gente…
Dobbiamo “giocare nella squadra di Gesù”, ben allenati e pronti a far vincere chi si sente solo, abbandonato e sfiduciato. Noi abbiamo un buon allenatore, anzi il migliore: Gesù. Il vangelo delle beatitudini, che ci accompagnerà in questi tre anni per portarci alla giornata mondiale della gioventù a Cracovia nel 2016, ci ricorda per otto volte la parola “beati”. È un invito rivolto a tutti ad avvicinarsi a Gesù che guarda nel cuore di ciascuno di noi. E noi ricambiamo il suo sguardo, guardandolo dritto negli occhi senza paura. Lui ha dato tutto per noi, senza misura.
“La povertà vera - ricorda papa Francesco - è quando non siamo attaccati al possesso delle cose e delle persone; la vera ricchezza è Gesù”.
Di conseguenza, viviamo la sobrietà, pronti a essere solidali con tutti, come lo è stato lui. Ciascuno di noi deve fare il primo passo per andare incontro a chi è solo. Insomma, non restiamo al balcone, scendiamo in strada, in mezzo alla gente.
Ormai le luci del Borgo antico sono accese e creano un’atmosfera speciale. Gesù ci benedice e ci chiede di continuare a dire “beati” a tutti, perché noi lo siamo già, se stiamo sempre con Lui.