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Una domenica con p. Silvio Turazzi

Padre Silvio Turazzi è uno dei fondatori del movimento “Chiama l’Africa”. A dodici anni entra in seminario, ma l’attrattiva missionaria lo affascina e lo spinge tra i saveriani. Giovane prete, incorre in un incidente d’auto che lo costringe in carrozzella, ormai da 35 anni.

Una voce dello Spirito gli dice - “alzati e cammina!” - e lo conduce sui sentieri del Congo, a dare una speranza ai giovani, ai ragazzi di strada, agli handicappati, ai più poveri. Da vari anni in Italia, guida la “Fraternità missionaria” di Vicomero, non lontano da Parma, ma il suo cuore è in Africa. È l’ispiratore dell’associazione “Mungano” per la cooperazione tra l’Italia e la popolazione di Goma, in Congo. Quando a gennaio del 2001 il vulcano Nyiragongo, che sovrasta Goma, distrugge la città e la campagna, padre Silvio non resiste: torna, almeno per qualche mese, con la sua gente, tra gli scampati che hanno perso tutto, fuorché la vita.

Nella casa saveriana di Vicenza, una domenica di giugno, padre Silvio ha parlato dell’Africa a… “Chi-ama l’Africa”. Pubblichiamo alcuni spunti della sua conversazione.

Germoglia la solidarietà

In Congo è scoppiata di nuovo la guerra con l’invasione da parte del Ruanda, sotto il pretesto di perseguire gli hutu, responsabili del genocidio dei tutsi. Il contingente dell’Onu sembra non rendersi conto di cosa stia succedendo.

I vescovi cattolici e i protestanti lanciano un appello alla gente di tenersi uniti, di non cedere alle provocazioni, di non perdere il coraggio.

Goma, città a nordest del Congo, sul lago Kivu ai confini con il Ruanda, in pochi anni è passata da 50 a 350 mila abitanti. La terribile eruzione del vulcano ha divorato metà delle abitazioni con la lava. La gente è costretta a rifugiarsi in massa sui resti della città, che sale fino 600 mila abitanti. È nata una grande solidarietà tra la popolazione: quelli che hanno ancora una casa ospitano i disastrati. Perfino 60 mila malati di colera sono stati accolti, anche se cittadini ruandesi.

Morte e schiavitù

Le recenti guerre in Congo hanno causato più di tre milioni di vittime. Se si sommano a quelle dei precedenti scontri etnici in Burundi e in Ruanda, a quelle causate dalla fame e dalla sete, si raggiunge un totale di quasi sette milioni di morti. Altri gravi flagelli coinvolgono anche i Paesi vicini: l’Aids registra qui la più alta percentuale di infettati. Per stroncare la malaria, che infuria tuttora, basterebbero semplici medicinali che però non si trovano.

Perdura il fenomeno della schiavitù: donne ignare vengono prelevate per il mercato del sesso sui marciapiedi d’occidente, come se non bastasse il turismo sessuale in loco. Anche i bambini servono per alimentare le guerriglie, rapiti a otto anni.

Come definire la vendita di organi umani che va diffondendosi? Le industrie d’Europa nutrono il maledetto traffico d’armi…

La ricchezza derubata

Un altro allarme riguarda la scoperta di vasti giacimenti di petrolio in Sudan, confinante al nord. Qualche “pescecane” ne approfitterà sicuramente. Nel frattempo 340 milioni di africani vivono con 64 centesimi di dollaro al giorno; la loro media di vita è ridotta a 45 anni. Solo il 45 per cento dei ragazzi frequenta la scuola.

In Congo, grande interesse suscita lo sfruttamento del coltan, minerale impiegato per i telefonini: a 300 dollari in partenza, cresce fino a 3.000 ad Anversa, in Belgio.

“Alzati e cammina”

Tra tanto sconforto la Costa d’Avorio ci regala un esempio di solidarietà: la gente fa blocco per resistere pacificamente alla guerra; con manifestazioni senza scontri, chiede che tutti siano trattati con dignità.

Oggi abbiamo i mezzi per intervenire nell’economia e nella politica in modo costruttivo. Abbiamo la possibilità di favorire la fratellanza tra i popoli e assicurare una dignità condivisa da tutti, rispettando il diritto internazionale.

Il Papa, affranto nel corpo, ma indomito nello spirito, incita ogni cristiano a impegnarsi per creare un mondo di fratelli, in sintonia con il comando di Cristo: “Africa, alzati e cammina”.



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