È giusto ringraziarti, Signore: Flash di interiorità, 50° di sacerdozio
Le parole che pronuncio ogni volta che celebro l'Eucaristia, da 50 anni in qua, e che considero il filo conduttore che dà senso e carica al mio vivere quotidiano sono queste: "È veramente cosa buona e giusta renderti grazie sempre e in ogni luogo, o Signore...".
Non c'è spiritualità cristiana senza l'Eucaristia. Essa è il mistero pasquale che esprime la pienezza di Cristo e la totalità della sua azione di salvezza, cioè quel flusso di grazia che avvolge e compenetra la vita, "sempre e in ogni luogo". Vorrei che il mio futuro fosse un'immersione continua in questo abisso d'amore che - come ha segnato l'inizio della mia avventura cristiana, religiosa, missionaria e sacerdotale - così si dilati in ogni dimensione spirituale, secondo il progetto che il Padre ha stabilito per me.
"Guardare indietro"
Cinquant'anni sono più della metà del "cammin di nostra vita". La semplice loro enumerazione indica un percorso che attraversa i diversi stadi evolutivi della persona, durante i quali si attua quel processo di maturazione che porta necessariamente in avanti alla scoperta di sempre nuovi orizzonti.
Cinquant'anni sono stati un viaggio nel tempo. E poiché sono cinquanta di sacerdozio, questo tempo non è stato un semplice svolgersi cronologico, ma un dischiudersi continuo alle sorprese della Provvidenza, che in maniera creativa seminava sul mio cammino germi di vita ed elargiva doni nascosti.
Lo sguardo all'indietro è un'esperienza insieme esaltante e paurosa. C'è la complessità di tutte quelle interferenze esistenziali: circostanze, situazioni, occasioni, incontri e opportunità di ogni genere, che alimentano speranza e delusione, gioia e tristezza, entusiasmo e indifferenza.
Con il cuore in mano
Ma un sacerdote sa anche dove riparare, a chi rivolgersi, e come ricaricare il proprio spirito. E sa che non c'è altra via e altro ausilio se non in Colui che ogni giorno viene a me con la sua luce, con le sue proposte in grado di disorientare e infastidire umanamente, ma che mi fanno capire di essere quelle vere, quelle giuste, quelle che sono state scelte dal suo amore proprio per me.
Di fronte a questa visione breve come un lampo, non mi resta che cadere in ginocchio, inchinare la mente e prendere in mano il cuore, per offrirlo a Lui tutto intero e con passione, come Lui fa sull'altare ogni giorno per me. E poi continuare a camminare con lo slancio della forza che viene da Lui, con l'augurio che la vocazione cristiana sia, per me e per tutti, l'impegno costante e indeclinabile di ogni giorno di vita.
Perché c'è un solo comandamento con il quale dobbiamo confrontarci in ogni frangente di vita: infatti, saremo giudicati sull'amore da Cristo, cioè dall'Amore.