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Da 50 anni sacerdote missionario

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È stata una giornata indimenticabile quella del 16 ottobre 1960, quando con altri 24 saveriani sono stato ordinato sacerdote a Parma da mons. Gaetano Pollio, già arcivescovo di Kaifeng, in Cina. Nel 1948 mons. Pollio era stato costretto dal regime comunista alla prigionia e sottoposto a un regime penitenziario duro. A Parma, l'aveva invitato p. Giovanni Castelli, suo vecchio amico durante la missione in Cina.

Vedendolo e ascoltandolo, si erano rinnovati in noi l'ardore missionario e l'ammirazione per i numerosi confratelli che avevano patito sofferenze incredibili per amore di Cristo, ed era divenuto più vivo il desiderio di partire per le missioni.

Fin dalla nascita...

2009 2 larcher2Noi, giovani tra i 24 e i 30 anni, provenivamo da tutta Italia: Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Friuli, Lombardia (con due bergamaschi p. Ilario Trapletti e p. Aldo Rottini) e Basilicata (il sottoscritto). Tutti avevamo il cuore ricolmo di gioia e riconoscenza per il grande dono del Signore: il sacerdozio missionario.

Anch'io avrei voluto ringraziare con la forza del canto: era stato grande il Signore in ogni momento della mia vita, a cominciare dalla nascita, quando avevo rischiato di morire nei primi istanti della mia esistenza. Mi raccontavano le sorelle più grandi che proprio allora mia madre mi aveva consacrato a Dio implorando da Lui la salvezza per quel bambino che stava venendo alla luce.

La ragazza da New York

La mamma ci ha lasciato quando io ero missionario in Giappone, nel 1972. La ricordo sempre benevola e fiduciosa nel Signore. Aveva passato i primi dieci anni della sua vita a New York, perché i suoi genitori erano emigrati in America ed erano poi rientrati al paese d'origine - Fardella, in provincia di Potenza - quando lei era una ragazzina, capace di parlare anche l'inglese.

Si era sposata presto, a 17 anni, perché il suo fidanzato se n'era pazzamente innamorato. La loro famiglia era stata allietata da tanti nuovi volti: con l'assistenza di Dio, erano venute alla luce sette bambine! Alla fine era arrivato anche un maschietto, cui fu dato il nome di Vincenzo, come il nonno, e anche di Mario per ricordare la sorellina Marietta, morta quando cominciava a fare i primi passi. Per questo, il secondo nome di Mario prevalse su Vincenzo.

Un uomo di coraggio

Il papà, che ricordo sempre con affetto e profonda ammirazione, era del 1885, quasi coetaneo di papa Roncalli. È vissuto fino al 1964, impiegando bene i talenti ricevuti dal Signore: si era laureato in scienze sociali e politiche nel 1925 a Firenze e aveva trasformato la sua casa - in quel paesino di montagna di 800 abitanti - in una scuola di alfabetismo per tante persone che non sapevano né leggere né scrivere. E ricordo pure che la sera dopo cena ci faceva gustare i canti della Divina Commedia e tante pagine dei Promessi Sposi.

Ebbe anche il coraggio, quando aveva già superato i 50 anni, di laurearsi in medicina veterinaria a Napoli, perché si era accorto che nelle masserie spesso c'erano delle vere epidemie di bovini ed ovini per la mancanza di veterinari. Approfondì anche l'agraria perché era proprietario di molti terreni che riuscì a trasformare in frutteti, vigneti, uliveti e orti.

Il "va' pure..." di papà

In lui, però, ammiravo soprattutto la fede che viveva con convinzione e che trasmetteva quotidianamente alla famiglia: era normale pregare prima dei pasti, partecipare alla Messa facendo la Comunione e sostenere le varie iniziative della parrocchia. Gli piaceva leggere le Confessioni di sant'Agostino e L'Osservatore Romano, cui era abbonato

Quando le due primogenite chiesero di entrare nella congregazione delle figlie dell'oratorio, i genitori si sentirono onorati: era come restituire a Dio i suoi doni. Dopo vari anni, quando anch'io manifestai il desiderio di andare nella scuola apostolica dei missionari saveriani di Massa della Lucania, la loro risposta fu: "Va' pure e, se un domani non ti sentirai di continuare, torna qui a casa tua".

La vocazione nata in famiglia

Ho celebrato la prima Messa quando Fardella era tutto innevato, a Natale del 1960. È stata grandissima la gioia nel mio cuore per l'esperienza dell'amore di Dio.

Ho parlato tanto della mia famiglia perché "proprio lì" il Signore ha fatto nascere e crescere quel dono immenso della vocazione sacerdotale missionaria. E il Signore ha continuato a sostenermi in tutto il percorso di questa vocazione, sempre, nel periodo trascorso in Italia, nell'esperienza indimenticabile del Giappone e in tutti gli altri momenti, compreso quello che ora sto vivendo ad Alzano.

Ringrazio di cuore il Signore perché mi piace essere sacerdote missionario e sperimento quotidianamente la bellezza di celebrare l'Eucaristia, di rinfrancare e liberare dalla colpa coloro che hanno peccato, di annunciare la Parola di Dio e accompagnare le persone nel loro cammino verso Dio.                                                            

Naturalmente è Gesù Cristo il sacerdote che ci conduce a Dio. Il mio compito sacerdotale missionario, che mi affascina e mi ricolma di gioia indescrivibile, consiste nel contribuire a far aprire gli occhi alle persone, a far toccare da Dio i loro cuori e a rendere loro tangibile la vicinanza salvifica e paterna del nostro Dio.



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