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Diventare ''fratelli universali'', Giornata missionaria mondiale

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La giornata missionaria mondiale viene a ricordarci il compito di annunciare il vangelo di Gesù per la pace e la riconciliazione. È la missione di tutta la chiesa, missionaria per natura, perché Gesù l'ha voluta come "sacramento universale della salvezza", sacramento della comunione e della pace. Tradotto in termini comprensibili: i cristiani sono stati chiamati da Dio nella sua famiglia per chiamare anche gli altri a entrarci; sono amati da Dio per amare gli altri; sono riconciliati con lui per essere nel mondo segni e strumenti di riconciliazione. Qui sta la radice della vocazione missionaria di ogni discepolo di Gesù, e non solo di coloro che chiamiamo comunemente "i missionari".

Una richiesta attuale

Benedetto XVI, nel messaggio per la giornata missionaria di quest'anno, ricorda l'attualità della richiesta che alcuni greci avevano rivolto ad Andrea e a Filippo: "Vogliamo vedere Gesù!". Tocca a noi dare una risposta a questa stessa richiesta che, anche nel 2010, spesso senza essere formulata con queste precise parole, sgorga ancora dal cuore di tante persone che aspirano a un mondo nuovo, più giusto, più solidale e più fraterno.

"In una società multietnica, che sempre più sperimenta forme di solitudine e di indifferenza preoccupanti, dice il Papa, i cristiani devono imparare a offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando i grandi ideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutili paure, impegnarsi a rendere il pianeta la casa di tutti i popoli".

I nostri contemporanei chiedono a noi cristiani non solo di "parlare" loro di Gesù, ma di farglielo "vedere", di far cioè risplendere il Volto del nostro Salvatore ovunque nel mondo, e soprattutto "ai giovani di ogni continente, destinatari privilegiati e soggetti dell'annuncio evangelico. Essi devono percepire che i cristiani portano la parola di Cristo perché lui è la Verità, perché hanno trovato in lui il senso e la verità per la loro vita".

Tocca a noi!

Noi non riusciremo ad arrivare materialmente ovunque. Ma se è vero che non siamo responsabili della salvezza dei nostri fratelli - che non dipende da noi -, siamo però responsabili dell'annuncio del vangelo, fatto con la vita e, appena possibile, anche con la parola. A noi tocca di far conoscere Colui che ci fa crescere in umanità, solidarietà, fraternità, giustizia e carità.

Questa responsabilità non possiamo delegarla a nessuno. È la missione: il dovere che sgorga dal nostro essere cristiani, dal fatto che conosciamo la sorgente di quella speranza di cui il mondo ha oggi estremo bisogno. Questo compito deriva dal battesimo e dalla partecipazione all'Eucaristia, il sacramento della comunione ecclesiale.

La chiesa è chiamata a fare in modo che le molte culture, che oggi si trovano insieme e spesso sono in conflitto, si integrino in un "modello di unità, nel quale il vangelo sia fermento di libertà e di progresso, fonte di fraternità, di umiltà e di pace". Ogni comunità cristiana è "sacramento", cioè "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano". Facendo incontrare Gesù, la chiesa rivela che Dio è carità e che la legge fondamentale dell'umana perfezione - e perciò anche del progresso e dello sviluppo del mondo - è il comandamento dell'amore.

Una missione ancora agli inizi

Il Papa afferma che "non possiamo tenere per noi l'amore che celebriamo nel sacramento. Esso chiede di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l'amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lli". Per questo l'Eucaristia non è solo "fonte e culmine" della vita della chiesa, ma anche della sua missione: "una chiesa autenticamente eucaristica è una chiesa missionaria", rivela cioè al mondo quel Volto che illumina la vita di ogni uomo e donna e che permette loro di costruire un mondo nuovo.

"La missione è ancora agli inizi", diceva vent'anni fa Giovanni Paolo II. In questi anni tale affermazione nulla ha perduto della sua attualità.

Perciò la prossima giornata missionaria mondiale chiede ancora una volta ai discepoli di Gesù di assumere personalmente la missione di annunziare a tutti coloro che non l'hanno ancora udita la Lieta Notizia del regno di Dio: di quel mondo nuovo, migliore rispetto a quello che vediamo, che a partire dalla risurrezione di Gesù sta prendendo forma attorno a noi, del quale Gesù ci ha fatti responsabili e testimoni.



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