Skip to main content
Condividi su

Scene bellissime, scene incredibili di ordinaria umanità e fortemente umanizzanti. Non strette di mani fredde e calcolate, ma abbracci caldi di fraternità, volto a volto, occhi con occhi, guancia a guancia, braccia che avvolgono, capi chinati uno sull’altro, quasi a cercare consigli di strategia per azioni comuni, come fanno i giocatori delle squadre di rugby…

Cosa non abbiamo visto - e grandemente goduto - nei tre giorni del viaggio di papa Francesco in Medio Oriente, ai popoli di Giordania, Palestina e Israele, dal 24 al 26 maggio! Una visita breve, ma quanti abbracci!

Tanti abbracci in questa visita breve e intensa. Dopo 50 anni dalla visita compiuta da papa Paolo VI e quel suo storico abbraccio con il patriarca Atenagora, l’abbraccio affettuoso con Bartolomeo.

Non per ripetere cose già viste, ma per risuscitare propositi intimi di riconciliazione e comunione, quasi impolverati nei cassettoni delle curie.

Il monarca giordano Abdallah che, con coraggio e senza lagne, da tanti anni ospita e protegge milioni di profughi dalle guerre e violenze dei paesi vicini, e fa da chauffeur sulla Clubcar e porta il suo ospite, quasi fosse uno di famiglia, fino a Betania, sulle rive del Giordano, dove Gesù è stato battezzato.

Ad Abu Mazen e Shimon Peres, rispettivamente presidenti di Palestina e di Israele, papa Francesco ha offerto la sua casa di Santa Marta per pregare insieme - “nel segreto”, come dice il vangelo - perché la pace “non si può comprare né vendere”, ma va prima di tutto invocata come dono di Dio, insieme alla conversione del cuore, e poi “va costruita artigianalmente con gesti quotidiani di umiltà e fratellanza, perdono e riconciliazione”.

E quel suo appoggiarsi ai due grandi muri - il muro della vergogna e il muro del pianto - quasi bastasse il lieve tocco della mano e della fronte del pontefice, costruttore di ponti, a farli crollare e aprire le frontiere al passaggio dei popoli della Terrasanta e del mondo intero.

E finalmente l’abbraccio trinitario con il rabbino Abraham Skorka e l’imam Omar Abboud, quasi una nuova icona della Trinità di Rüblev: un abbraccio insistente, con le braccia al collo, guancia a guancia, come tra fratelli e amici da sempre: le tre religioni credenti nell’Unico Dio strette nello stesso amplesso, per dimenticare rancori passati e voler ricostruire rapporti fraterni e amichevoli per il maggior bene dell’umanità.

Quando le persone hanno il coraggio di guardarsi negli occhi, riconoscere i volti, salutarsi e abbracciarsi, nel rispetto della propria identità, comunicano fiducia, simpatia, fraternità.

È il caso di dirlo: così si fa!



Scarica questa edizione in formato PDF

Dimensione 2394.24 KB

Gentile lettore,
Continueremo a fare tutto per portarvi sempre notizie d'attualità, testimonianze e riflessioni dalle nostre missioni.
Grazie per sostenere il nostro Giornale.


Altri articoli

Edizione di Dicembre 2019

La missione è… compagnia

A partire dalla comunione con Dio, che è Padre, con Gesù Cristo e lo Spirito Santo, davvero nasce una solida vita nuova da condividere con tanti al...
Edizione di Aprile 2016

Non è un mondo… a parte

Tutti sanno che in casa madre, a Parma, il quarto piano ospita i saveriani anziani e malati. Questo non vuol dire che sia l’anticamera del Paradiso...
Edizione di Novembre 2012

Mostra dei presepi missionari: Inaugurazione, 25 nov. 2012

Domenica 25 novembre alle ore 14, presso la casa dei saveriani di Vicenza, in viale Trento, si tiene l'inaugurazione della mostra dei presepi missi...
Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito