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Congo, Ritrovare le forze per vivere

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Le situazioni peggiori - Pareti di diffidenza e isolamento

Mentre scendeva verso Uvira, costeggiando il lago Tanganika, il cuore di Emmanuelebatteva forte. Lontano dalle montagne, dove la sua gente pascola le vacche dalle lunghe corna, un pastore ruandese banyamulenge si sente straniero. Nella piana vivono i "may may", i guerriglieri che 10 anni fa erano penetrati nel suo villaggio seminando morte. Emanuele aveva trovato solo macerie fumanti. Nel recinto accanto, giacevano i cadaveri delle nipoti: una mamma con il piccolo fra le braccia e la sorellina al suo fianco. Ha ancora l’angoscia nel cuore.

2007 1 Malati3Il saggio Daniele, presidente della sezione locale della Croce Rossa, viene da Mboko. Lungo la strada rivede le scene di morte che negli anni di guerra hanno infestato quei luoghi. Quante tombe ha dovuto scavare! Lunghe fosse per ospitare esseri umani falciati dalle mani violente dei montanari, scesi a devastare e uccidere.

Il signor Pio è responsabile del traffico civile nel porto di Kalundo, alla periferia di Uvira. Vive ancora i giorni del terrore. I montanari erano stati derisi e maledetti, con quelle teste infisse su aste e portate in corteo, come macabri trofei, ed erano tornati per vendicarsi. Che fare? Pio era riuscito a scappare con tutta la famiglia, nella miseria più totale. Per fortuna, il piccolo Costantino aveva avuto un lampo di genio: "Papà, potremmo metterci a vendere acqua da bere, per 10 franchi il bicchiere". Una trovata stupenda: i sei ragazzi, con mamma e papà, vissero grazie all'iniziativa del piccolo. Ma l'uomo avverte ancora l'umiliazione di non aver potuto fare di più per gli altri: "Ho perso l’occasione di mostrarmi all’altezza della situazione…".

La signora Elena, seduta sul letto, combatte contro l’emicrania che la insidia da un anno. Un incubo, dal giorno in cui era nato Beniamino, il suo decimo piccolo. Il sangue, impoverito dalla malaria, non riusciva a trattenerlo in vita. Quante notti trascorse a cullarlo, tentando di fargli inghiottire la medicina; quante corse affannose verso l’ospedale... Alla fine, una piccola bara è stata calata nella fossa profonda, insieme alle speranze materne. Elena apre la scatoletta ed estrae la pillola che attenua il mal di testa, permettendole di affrontare la notte.

Dieci giorni per sciogliere le zolle indurite

Alle 8 e 30 del mattino, arriva Marcella, una ricercatrice canadese di fama internazionale. È venuta per aiutarci a superare le pareti dell'isolamento, che sembrano proteggerci dalle diffidenze politiche o religiose, etniche o culturali, ma che sono causa della nostra infelicità.

Per gli esseri umani, l’unica via possibile è l’amore, offerto a tutti. Ma come riuscire ad amare? Dove trovare le energie per avventurarci in un’impresa che appare impossibile?

Nei primi giorni, Marcella ci fa compiere alcuni esercizi mentali per costruire in noi gli atteggiamenti giusti e rifiutare gli stereotipi culturali. Facciamo anche esercizi fisici: distendere il corpo e prendere slancio... A me sembra tempo perso, e azzardo qualche brontolamento. Ma lei m'invita a pazientare ed eseguire gli esercizi di questa prima fase dell’incontro.

Il quinto giorno Marcella entra in azione. Riceve i pazienti al suo tavolo. L’assemblea assiste in silenzio. L’importante è fare attenzione non alla storia, ma alla persona che la racconta; riscoprire il meglio di sé e il meglio degli altri, per poi riprendere il cammino con maggiore fiducia. Così, pian piano, le zolle indurite si sciolgono e nascono persone nuove.

Ecco la lingua più universale

Sul ciglio della strada, Elena ha raccolto una vecchia agonizzante che tutti evitavano, perché ruandese. L'ha portata sulle spalle fino all’ospedale. La vecchia non capiva le sue parole, ma le ha sorriso. Elena ha compreso che fra lei e la sconosciuta c'era stato un istante di riconoscimento: prima di scendere nella pace di Dio, l'aveva premiata con un sorriso, la lingua più universale.

Emanuele ha scoperto che Daniele, oltre a seppellire cadaveri, ha sottratto da morte tanti innocenti, banyamulenge come lui. E Daniele ascolta attonito Emanuele che racconta di aver ospitato in casa e nutrito tanti abitanti della pianura, anche se erano della tribù dei may may.

Pio si rende conto che lo spirito d’iniziativa dei suoi figli era frutto dell’educazione ricevuta in famiglia. Oltre a sorvegliare sul loro impegno scolastico, egli aveva insegnato loro il mestiere di sarto, che oggi consente ai due più grandi di gestirsi negli studi all'università. Ha ritrovato la fierezza del padre e insegnerà ai figli il maggior numero di esperienze utili per mantenersi in questo paese dissestato.

Terrore sul luogo dell'apparizione

Giovanni racconta la sua storia di Kibeho, il luogo venerato dai ruandesi per l'apparizione della Madonna. Dieci anni fa erano lì a migliaia, uomini e donne, vecchi e bambini, sotto la minaccia delle mitragliatrici. I ribelli vincitori li avevano ammassati come "pecore da macello". Tre giorni interminabili. All’alba del quarto giorno, ai primi spari, egli aveva tentato di fuggire, attento a non danneggiare gli altri. La marea umana ondeggiava in direzioni perse, per evitare le raffiche che ormai esplodevano ovunque. Piange Giovanni mentre racconta: "Per fuggire, mi sono issato sui cadaveri che coprivano il terreno; sono passato su di loro, per salvarmi… Ho calpestato corpi umani, i corpi dei miei fratelli!".

Marcella ferma il racconto di Giovanni e lo riporta indietro, a quell’istante in cui egli cercava di rispettare ognuno di quei corpi che, nella ressa, lo premevano da ogni parte e lo trascinavano con loro. Giovanni scopre il suo volto autentico, di uomo impegnato ad amare, anche nella bufera. Si allontana dal tavolo deciso ad amare tutti, anche i carnefici da cui è sfuggito.

Il difficile viaggio della riconciliazione

Eccoci arrivati al termine di questi dieci giorni, durante i quali abbiamo vissuto momenti indimenticabili. Attorno a noi, rimangono i problemi di sempre: la disoccupazione, la miseria, la prostituzione, la violenza, l’ingiustizia sociale e amministrativa… Rimangono la paura e l’odio, che gli anni di guerra hanno seminato nei cuori, l’incubo di violenze che potrebbero scatenarsi nuovamente da un giorno all’altro.

Ma ci sentiamo più pronti a impegnarci nella difficile impresa della riconciliazione. È un viaggio impervio, ma sappiamo di poter contare su tanti fratelli e sorelle, compagni di strada, capaci di amare.



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