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All’origine della vocazione

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Quest’anno, la comunità saveriana di Taranto ha visto vari cambiamenti. P. Antonio Senno (nella foto in basso) è l’ultimo arrivato, con una bella esperienza di vita missionaria. Si presenta, raccontandoci la storia della sua vocazione, in attesa di conoscerlo e apprezzarlo personalmente.

Sono nato a Lusia di Barbona (PD) il 17 febbraio 1944, ultimo di sette figli. I miei genitori erano di origine contadina. Possedevano terreno e bestiame, con una "bottega" di generi alimentari. La guerra distrusse tutto. Io stesso sono un "sopravvissuto". I miei mi estrassero dalle macerie all'età di un anno circa. Lentamente, e con molti sacrifici, siamo riusciti a rimetterci in cammino.

Il latino tra bernoccoli e pizzicotti

Fin da ragazzo, il parroco mi volle "chierichetto" con la benedizione dei genitori. Allora si celebrava in latino. Facevo fatica a capirlo e a rispondere. Ma l'amato parroco me lo insegnava a suon di "bernoccoli e pizzicotti".

Finita la quinta elementare, il parroco organizzò le "missioni parrocchiali" e noi chierichetti avevamo il compito di accompagnarli per le vie del paese a far visita alle famiglie. Agli incroci delle strade annunciavamo il messaggio evangelico ai passanti che sembravano aspettarci. Infatti, si fermavano a centinaia per ascoltare il missionario predicatore.

Fu un'esperienza semplicemente evangelica. Ricordando quel tempo, sarò sempre riconoscente ai quei missionari per aver condiviso con noi i "semina Verbi", fin da ragazzino.

A casa con i carabinieri!

Mia mamma ne era felice, mio padre molto meno. Quando i missionari predicatori in parrocchia mi chiesero se volevo farmi missionario, accolsi subito l'invito. Il giorno in cui terminarono "Le Missioni", la mattina mi svegliai molto presto, raccolsi qualche indumento, ne feci un "fagotto" e lasciai casa senza dir nulla a nessuno.

Papà s'insospettì e mandò i carabinieri in parrocchia a cercarmi e a riportarmi a casa.

I missionari vennero a scusarsi da Papà. Era inferocito. Semplicemente disse loro di non farsi più vedere dalle nostre parti...

Le “Ave Maria” della mamma

Avevo 15 anni, quando lasciai il mio paese d'origine e decisi di continuare gli studi di meccanica e disegno tecnico a Trecate, in provincia di Novara, dove avevo due sorelle e alcuni parenti che mi prospettavano una vita migliore.

Mio padre era contrario. Cercava di convincermi a restare, promettendomi di comprarmi una piccola moto e nuovi attrezzi agricolo-meccanici per il lavoro della nostra campagna. Ma in cuor mio pensavo ad altro...

Me ne andai in stazione e raggiunsi Milano, dove incontrai le mie due sorelle Bianca e Rita. Insieme, prendemmo il treno per Trecate.

Mia mamma, invece, mi seguì con le lacrime agli occhi per qualche centinaia di metri... Non mi sono più voltato per non vederla piangere. Ma so - perché me l’ha ripetuto varie volte - che lei avrebbe continuato a seguirmi con le sue Ave Maria...

Lo sport, l’oratorio e don Fiorenzo

In quegli anni mi piaceva il calcio e l'atletica. Invece di frequentare l'oratorio parrocchiale, incominciai a frequentare la "Casa del Popolo", dove mi fecero subito giocare. Fu una scelta, in parte, voluta per allontanarmi da certi ambienti e fare una nuova esperienza.

La mattina lavoravo in un’officina che produceva macchinari industriali: la pratica precedeva la teoria. Ogni pomeriggio prendevo il treno per recarmi a Novara presso l'Istituto tecnico per meccanici-disegnatori. Qualche volta, mi capitava di incontrare i giovani dell'oratorio di Trecate, membri delle Acli e altri ancora del gruppo missionario - che tentavano di capire da dove venivo e cosa ci facevo a Trecate.

Con la scusa dello sport, cominciai a frequentarli e a partecipare a varie loro attività. Feci conoscenza del loro animatore, don Fiorenzo, dei giuseppini di Alba. Era uno dei simpatici e bravi padri attivi all'oratorio, che organizzava numerosi incontri vocazionali: "Vieni e Vedi".

Intanto il "seme vocazionale missionario" stava germogliando... Decisi di parlare dei miei sempre più insistenti impulsi vocazionali con alcuni amici e con don Fiorenzo. Tutti mi consigliarono di andare a Parma dai saveriani e di parlarne con loro.

La visita a Parma con sorpresa

Durante la visita a Parma, i saveriani mi misero a tavola con un neo "padrino", Stefano Coronese di Taranto e, strana coincidenza, ora componente di questa mia nuova comunità, proprio qui in Puglia.

Forse il Signore sa che ora ho bisogno ancora dei consigli di p. Stefano e dell'amicizia del rettore, p. Carmelo Sanfelice, che ebbi come confratello quando ero rettore a Salerno.

Dopo quell'incontro a Parma, il dialogo con i saveriani non si è mai più interrotto.

Ripartire ancora una volta

Ora eccomi qua, sono in mezzo a voi tarantini, "sotto il fico", come Natanaele, dopo tanti anni di missione in Inghilterra, Sierra Leone, Francia, Scozia, Filippine, America del Nord e, finalmente, in patria...

Lavorerò nella vostra amata diocesi e, in particolare, in collaborazione con il Centro missionario diocesano, tutti impegnati nella missione in loco.

Sono sicuro che il Signore passerà da queste parti e mi inviterà a seguirlo, come fece con Natanaele, e a “ripartire” ancora una volta, come ci viene suggerito dal nostro amato Fondatore, san Guido Conforti.



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