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La pandemia si può fermare se ogni vita ha dignità

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Stando all’OMS, il Coronavirus ha tolto la vita a oltre 4 milioni di persone nel mondo, i cui nomi e volti resteranno per sempre nella memoria dei nostri cuori. Qui, nell’Amazonia brasiliana, la pandemia ha colpito 143 nazioni indigene e almeno 783 indigeni sono morti (dati da COIAB).

Sono, nella maggior parte, anziani, guardiani della memoria culturale della loro nazione, come il leader kayapò Paulinho Pajakan, che negli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso aveva combattuto coraggiosamente per affermare i diritti costituzionali delle popolazioni indigene. Questa è solo la parte più evidente dei disastrosi effetti del Covid-19 nell’Amazzonia Brasiliana. La pandemia non sta semplicemente causando una crisi sanitaria, ma anche una vera e propria mutazione del modo in cui l’umanità ha condotto la sua esistenza sulla terra.

Dobbiamo accogliere l’alterità che lo Spirito di Dio sta creando, a partire dal presente dolore dell’umanità e dalla sua eroica lotta. Piangiamo in pentimento per i nostri peccati, specialmente quelli contro l’ambiente come sono stati definiti dal Documento Finale del Sinodo per l’Amazonia (n. 82). Siamo tutti interconnessi. Il grido di coloro che soffrono deve trovare spazio nella nostra preghiera. Questa pandemia è il momento giusto per riscoprire la pratica del lamento, come preghiera e protesta profetica.

Accompagnando i nostri fratelli e sorelle nella loro battaglia contro il Covid-19, siamo posti di fronte alla comune vulnerabilità in un mondo ammalato e irrespirabile. La misericordia e l’attenzione, non il profitto e il potere, sono ciò che è essenziale per far fiorire la vita. Perché ogni vita è importante. L’elemosina, gesto di attenzione e misericordia, significa “togliere dalle croci coloro che sono crocifissi” e condividere con essi i mezzi necessari per andare avanti. Significa anche dar valore e apprezzare di più chi, nella società, offre servizi e lavori invisibili, umili, ma essenziali.

In Gesù, Dio si fa vicino a noi, ci invita al dialogo con Lui. Attraverso l’amicizia con gli oppressi e l’ascolto del loro grido, così come attraverso la cura per il pianeta malato, impariamo ad essere fratelli e sorelle di tutti. L’esclamazione “Non riesco a respirare!” ha risuonato come simbolo del doloroso grido di protesta di un’umanità in lotta affannosa, soffocata dal mortifero sistema coloniale mondiale. Non possiamo permetterci di ignorarlo. Ciò significa, per esempio, provvedere affinché ogni essere umano abbia accesso ad un vaccino adeguato. Dice bene Davi Kopenawa, gran capo e sciamano Yanomami: “Gente non indigena sta distruggendo l’Amazzonia perché non sa sognare. Se, come noi, essi imparassero ad udire parole diverse da merce, saprebbero come essere meno ostili…”.

Indurire il proprio cuore in tempo di pandemia significa diventare un vettore di tutti i virus che soffocano l’umanità e minacciano il Vangelo. La pandemia si estinguerà quando ogni vita diverrà degna delle nostre lacrime ed indignazione, della nostra misericordia e attenzione, del nostro ascolto e abbraccio. I tempi sono difficili ma, come disse San Conforti, “non si è chiuso il libro dei prodigi.” I migliori sono quelli che la Grazia opera nel regno dei cuori.



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