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CONGO RD / IL COMITATO LAICO DI COORDINAMENTO (CLC) MOBILITA IL PAESE CONTRO LA CORRUZIONE E L’IMPUNITÀ

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Il Clc ha ripreso il 19 ottobre scorso le sue manifestazioni contro la corruzione e l’impunità. Lo ha annunciato il coordinatore e uno dei suoi leader, Isidore Ndaywel. La corruzione, infatti, ha raggiunto livelli intollerabili ed è diventata un costume quasi banale. Come nel caso dell’affare delle tangenti di 15 milioni di dollari sui prodotti petroliferi, oppure dei giudici della Corte costituzionale in occasione del contenzioso sulle elezioni presidenziali. Il Clc chiede la fine dell’impunità, la sospensione dai rispettivi incarichi pubblici delle persone coinvolte nell’appropriazione indebita dei 15 milioni di dollari, la dimissione dei giudici corrotti della Corte costituzionale. Se si vuole davvero uno Stato di diritto, bisogna necessariamente imboccare la via della legalità e trasparenza.

Come nel 2017 e nel 2018, la mobilitazione è partita dalle parrocchie cattoliche, con i fedeli che brandivano la bibbia, il crocifisso e il rosario, come simboli di giustizia per tutti. A Kinshasa la marcia è stata realizzata lunedì 21 ottobre, per permettere al presidente Tshisekedi di lanciare l’operazione “Kinshasa Bopeto” (Kinshasa pulita), per lottare contro le immondizie che si accumulano in città. Il tutto si è svolto pacificamente, con striscioni che domandavano dove erano finiti i 15 milioni di dollari. Il coordinatore Isidore Ndaywel ha dichiarato in un’intervista che “non è normale che alcuni abbiano tutti i diritti e altri siano schiacciati. Siamo uguali e dobbiamo rivendicare come cittadini questa uguaglianza. Non è normale che 15 milioni di dollari spariscano nel nulla. Non è normale che i giudici della Corte costituzionale facciano quello che hanno fatto e non si dica nulla. È un insulto alla nostra dignità nazionale, è un’ingiustizia inaccettabile. Per questo reagiamo e mostriamo questa pedagogia anche agli altri cittadini”.

Le manifestazioni sono un avvertimento anche per Tshisekedi, in bilico tra rottura e continuità con il vecchio regime di Kabila. Il Clc considera, infatti, che la rottura con le vecchie pratiche non sia ancora avvenuta e che bisogna aiutare il presidente a prendere una decisione. Lo stesso arcivescovo di Kinshasa, il neo cardinale Fridolin Ambongo Besungu, considera importante l’impegno dei cristiani per collaborare, anche in questo modo, con il governo, affinché imbocchi con decisione la via della liberazione totale del paese ancora “non totalmente liberato”. In un’intervista rilasciata a Roma alla Rfi (Radio internazionale francese), il card. Fridolin ha espresso totale appoggio all’iniziativa del Clc contro la corruzione generalizzata. Già nel mese di luglio Fridolin si era pronunciato con molta durezza nei confronti di alcuni giudici: “Se il giudice è corrotto, nulla più funzionerà nel paese. Perciò è necessario che lo Stato abbia i suoi organi in ordine. Uno Stato moderno si riconosce dal funzionamento della sua giustizia. Attualmente in Congo è proprio la giustizia a rendersi ridicola con certe prese di posizione”.

Anche nella società civile si è sviluppato un movimento di richiesta di trasparenza nei confronti delle nuove autorità, affinché lottino contro la corruzione partendo dai vertici dello Stato, che devono essere i primi garanti della giustizia. Per esempio, l’Associazione congolese per l’accesso alla giustizia (Acaj) ha proposto l’apertura di un’inchiesta sul patrimonio dell’ex presidente Kabila e di alcuni ex primi ministri e ministri per sospetto di arricchimento illecito. Secondo l’Acaj, infatti, molti alti funzionari non hanno mai dichiarato l’ammontare del loro patrimonio e non esiste traccia del pagamento di tasse allo Stato da parte loro. La legge congolese, infatti, impone al capo dello Stato e ai membri del governo di dichiarare per iscritto il proprio patrimonio personale, all’inizio del loro incarico e alla fine del mandato. Ciò che, invece, ha fatto l’attuale primo ministro, Sylvestre Ilunga Ilunkamba, invitando i membri del suo governo a fare altrettanto. Sui social, i movimenti della società civile e di difesa dei diritti umani incoraggiano il presidente Tshisekedi a fare la stessa dichiarazione, rendendo pubblica la lista dei suoi beni, al fine di favorire la trasparenza.

L’iniziativa del Clc ha ricevuto anche l’appoggio dei ministri laici protestanti della “Chiesa di Cristo in Congo”, che, in un comunicato stampa, incoraggia ogni tipo di azione pacifica volta a rivendicare l’istaurazione dello Stato di diritto, la lotta contro la corruzione e l’impunità.



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