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La fraternità è sentirsi figli dello stesso Padre

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Nell’enciclica Fratelli tutti Papa Francesco parla della fraternità e dell’amicizia sociale; cioè vuole costruire la vita sociale basata sull’amore fraterno, riconoscendo innanzitutto la dignità sacra di ciascun uomo. Al numero 277 il pontefice scrive così

“per noi, questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo. Da esso scaturisce il pensiero cristiano e per l’azione della Chiesa il primato dato alla relazione, all’incontro con il mistero sacro dell’altro, alla comunione universale con l’umanità intera come vocazione di tutti”.

Ci mettiamo in ascolto alle parole del papa guidato da don Gianluca Iacovazzo, parroco dell’unità pastorale di Spiano, Monticelli e Corticelle.

Gli ultimi 3 capitoli di Fratelli tutti: dialogo e amicizia sociale, percorsi di un nuovo incontro, le religioni al servizio della fraternità. Al capitolo 6 (Dialogo e amicizia sociale) il papa sottolinea alcuni verbi: avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi e conoscersi. Tutti questi verbi si riassumono in una sola parola: DIALOGO, dal dialogare.

Il dialogarsi-il confrontarsi con l’altro è necessario all’uomo in quanto è insito nel cuore di ogni essere umano. Cosa sarebbe il mondo senza il dialogo che ha tenuto unite persone e comunità! Grazie al dialogo si è potuto costruire il mondo in cui ci troviamo.

Il dialogo aiuta il mondo, la società, delle persone, le nazioni. Un paese cresce, dice il pontefice, quando dialogano nel modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: popolare, universitaria, giovanile, caritativa, artistica, tecnologica, economica e familiare. Tra di esse c’è bisogno della cultura dialogica: che dialoghino tra di esse per dare maggior frutto alla società.

La mancanza di dialogo fa sì che ognuno si preoccupi solo dei beni propri. “La mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune, bensì di ottenere i vantaggi che il potere procura o, nel migliore dei casi, di imporre il proprio modo di pensare. Così i colloqui si ridurranno a mere trattative…”(Ft, 202). “Gli eroi del futuro saranno coloro che sapranno spezzare questa logica malsana e decideranno di sostenere con rispetto una parola carica di verità, al di là degli interessi personali” (Ft, 202). Questa parola ci invita a leggere nell’interiorità di ciascuno di noi perché, inconsapevolmente, pensiamo solo ai nostri interessi (famiglia, parenti, figli e nipoti), senza pensare al bene degli altri.

Al capitolo 7 il papa parla dei percorsi che delineano i nuovi incontri e spazi su cui confrontarsi per raggiungere il bene comune della società. Dice Papa Francesco: “la verità è una compagna inseparabile della giustizia e della misericordia” (Ft,227). È vero che la verità fa male, anche se stessi. È come una spada a doppio taglio: ferisce, perché ci colpisce interiormente; abbatte il nostro ‘io’ del fatto che noi pensiamo sempre ai noi stessi. Però dall’altro lato se realmente ci mettiamo innanzi alla realtà e parliamo nella verità soprattutto a noi stessi è un qualcosa che ci fa del bene. Infatti “tutt’e tre unite (verità, giustizia e misericordia), sono essenziali per costruire la pace.

Quindi verità, giustizia e misericordia non fanno altro che continuare ad edificare e a costruire la pace in noi stessi, tra di noi e con l’altissimo.

Il senso di Fratelli tutti è sottolineare che tra di noi ci deve essere il rispetto, la solidarietà, il confronto, il dialogo. È tra di noi tutti: cristiani e le altre confessioni religiosi.

Al capitolo 8 Papa Francesco vuole dirci che le religioni sono al servizio della fraternità nel mondo. “Le diverse religioni, a partire dal riconoscimento del valore di ogni persona umana come creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio, offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società. Il dialogo tra persone di religioni differenti non si fa solamente per diplomazia, cortesia o tolleranza. Come hanno insegnato i Vescovi dell’India, «l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore»” (Ft, 271).

“Come credenti pensiamo che, senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possano essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità. Siamo convinti che «soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi» (Ft, 272). Considerando tutto questo non sottovalutiamo l’aspetto cruciale che Gesù sottolinea quotidianamente: di essere figli, fratelli e amici; come Egli stesso tiene di chiamarci.

Non vi chiamo più servi, ma amici, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; il servo non sa quello che intende dire Gesù, quello che fa Egli stesso. Ma ci ha chiamati amici proprio perché Egli condivide tutto con ognuno di noi. L’amico è colui che sa fare carico del suggerimento del suo amico, che prende in considerazione delle sue difficoltà, tutta la sua esperienza di vita e il suo bagaglio culturale, di fede (quindi religioso) ma anche sociale e culturale. È necessario andare in profondità di queste nostre relazioni.

Dice ancora il pontefice “Tra le religioni è possibile un cammino di pace. Il punto di partenza dev’essere lo sguardo di Dio. Perché «Dio non guarda con gli occhi, Dio guarda con il cuore. E l’amore di Dio è lo stesso per ogni persona, di qualunque religione sia. E se è ateo, è lo stesso amore” (Ft, 281). È necessario vivere in questo amore e nell’amore di Dio. Perché solo vivendo di questo amore di Dio possiamo fare esperienza di essere tutti fratelli. 



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