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Amare è rinunciare qualcosa per sé per arricchire un altro

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"Questa lettera è stata scritta ad alcuni giovani del comasco dal nostro confratello  Carlo Salvadori. Lui, più volte aveva fatto esperienza con gli ambasciatori e non solo lui e quindi sentendo dell' uccisione di un ambasciatore vicino alla gente, è scoppiato. Grazie p. Carlo. Grazie di farci pensare."


Carissimi ragazzi, questa lettera la scrivo a voi.

Ieri è stato ucciso Luca Attanasio, ambasciatore di Italia in Congo.

Luca aveva 43 anni era sposato e aveva tre figli. Dal 2017 era ambasciatore e faceva questo lavoro in maniera speciale. In Camerun ho conosciuto almeno tre ambasciatori ed il ricordo che conservo è di persone gentili, disponibili, coinvolti con le élite locali. Nel 2017 l’ambasciatrice di Yaoundé vantava il soft-power italiano per esortare gli imprenditori a fare affari. Le presentai il problema degli operai (più di 140) licenziati ingiustamente dalla famiglia Zangheri, di Rimini, ma non se ne era interessata.

A Luca interessava il progresso dell’uomo. Per lui la vita dell’uomo ha un valore in sé e non per le cose che l’uomo ha. Luca era uomo prima di essere ambasciatore. Era sempre in mezzo alla gente, vestiva casual, sorrideva, aiutava concretamente. Nel 2017 quando incontrò un mio confratello, a Kinshasa, gli diede 300 dollari per i poveri. Erano soldi suoi.

I missionari amavano Luca perché è stato il primo ambasciatore a visitare l’est del Congo e ogni volta portava con sé il materiale per rinnovare i passaporti, evitava loro un viaggio di 2000 km.

Luca era credente, sua moglie è musulmana, era sposo, era padre. Il loro amore era così grande che insieme alla moglie hanno fondato una associazione per i ragazzi di strada che devolve il 98% degli introiti ai poveri. Cosa mai vista nel mondo dell’aiuto. Di solito le Ong fanno i soldi sulle spalle dei poveri. È il mondo perverso di ciò che Annalena Tonelli chiama: “l’aid industry”.

Luca rappresentava l’Italia, aveva appena ottenuto dal governo congolese il premesso per le adozioni internazionali. Primo paese al mondo ad averlo fatto.

Perché Luca è morto? Perché Dio ha permesso che il giusto venisse ucciso?

Annalena Tonelli (martire in Somaliland nel 2003) dice che «camminare consiste tanto nell’alzare il piede che nel posarlo, la mia morte, la mia malattia non sono assolutamente diverse dalla morte, dalla malattia di uno di questi adulti o bambini che muoiono sotto i nostri occhi ogni giorno».

In un altro passaggio dice che «vivere è come morire» e nel caso in cui lei venisse uccisa, la sua vita diventerebbe parte della vita del mondo, per sempre.

Cari ragazzi, vi scrivo queste cose perché la vita è una cosa seria e la vita e la morte di Luca sono un “graffio sulla nostra coscienza” assonnata. Che vita è se il nostro cuore rimane inerte di fronte alle grandi ingiustizie del mondo? Qual è la nostra passione quando il nostro cuore non ha mai palpitato per qualcuno e forse mai lo farà? Di cosa stiamo parlando?

Quando penso che Luca faceva del bene, in un mondo, quello africano in cui l’unico pensiero dei potenti è di arraffare il più possibile senza lasciare nulla per gli altri. Purtroppo cari ragazzi questo è il nostro mondo, noi vogliamo che sia così, perché non facciamo nulla per cambiarlo.

Noi guardiamo i diplomatici che se ne stanno alla capitale, in quartieri blindati, comodamente seduti in stanze climatizzate. Mentre fuori la gente muore di ingiustizia, organizzano parties per le autorità e i pezzi grossi dello Stato e gli imprenditori. Mangiano cibi prelibati e bevono vini raffinati. Vanno in giro col codazzo di personalità e di giornalisti che li seguono perché bisogna che il mondo sappia che loro fanno la carità.

Luca mentre andava a visitare i bambini malnutriti ha trovato la morte sulla strada. C’era una pallottola che un uomo avrebbe conficcato nel suo addome. Luca andava a Rutshuru forse per aiutare il bambino di quell’uomo.

Quando pensi che l’arma che ha sparato è stata probabilmente fabbricata in Italia, 

quando pensi che in mano ai regolamentari e ai ribelli c’è lo stesso marchingegno che procura la morte, quando pensi che ci sono persone e stati che prosperano nella fabbricazione e commercio di armi, e quando pensi che ci sono diamanti che viaggiano e brillano sui nostri decolté, e quando pensi che ci sono minerali che solo in Congo puoi trovare e sono il cuore di metallo del telefono che hai in tasca, e quando pensi che tutto questo è frutto di ingiustizia, ti chiedi: ma che senso ha vivere? Ma che senso ha questo nostro mondo?

Ragazzi, se dà una parte uno deve essere arrabbiato per questa situazione, dall’altra c’è una cosa sola da fare: amare.

Dice Annalena: «eppure la vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell’amore». Amare è rinunciare qualcosa per sé per arricchire un altro. Per esempio, rinunciare ad avere due paia di scarpe per offrirne una a chi non ce l’ha. Oppure rinunciare di perdere tempo su istagram per studiare e preparare un esame, dedicarsi ad una passione, scrivere ad un amico, telefonare ad una persona sola a causa della pandemia. Mettere da parte dei soldi per adottare un bambino povero, dire a tuo/a padre/madre che sei fiero/a di lui/lei. Fare silenzio per scoprire che in fondo al cuore c’è una piccola voce che ti dice: “tu sei stato creato per amare”, anche a quell’uomo, sulla strada di Rutshuru che non ha riconosciuto che Luca era suo fratello.

Un saluto, in Cristo.

Carlo sx



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