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“Oggi la fratellanza è la nuova frontiera dell’umanità. O siamo fratelli o ci distruggiamo a vicenda. Oggi non c’è tempo per l’indifferenza. Non possiamo lavarcene le mani, con la distanza, con la non-curanza, col disinteresse. O siamo fratelli o crolla tutto” è stato il messaggio di Papa Francesco alla prima giornata internazionale della fratellanza umana, celebrata il 4 febbraio 2021 scorso.

Già nell’enciclica Fratelli tutti, firmata il 3 ottobre 2020, il pontefice ha scritto “Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!” (FT, 8). Alla radice di tutto c’è Gesù, colui che si fa fratello, si fa il primo passo e si fa prossimo all’altro, come ce lo descrive il racconto del Buon Samaritano (Lc 10,25-37).

 

Mi estraneo dall’altro

L’altro non è un estraneo, ma sono io che mi estraneo dall’altro.

La persona che troviamo lungo la strada—sdraiato, non ha fissa dimora, che è marginato—non è un estraneo a me, ma sono io che mi faccio estraneo a lui. Un estraneo sulla strada è colui che viene accanto, che la troviamo e non la conosciamo. Cosa dobbiamo fare? Come la vediamo? Gesù ci dice che è il prossimo; non è qualcuno altro. è la persona che incontri.  

Siamo tutti fratelli, quindi ci possiamo avvicinare. Dobbiamo essere custodi dei nostri fratelli.

Parlando di Abele e Caino, i due fratelli, in cui poi Caino risponde alla voce di Dio dicendo “sono io forse il custode di mio fratello”. Dio dice, “Sì, certo!” Non puoi estraniarti di questo. Abbiamo accettato di essere custodi della natura (ecologia)/del nostro mondo ma in modo particolare dobbiamo essere custodi del nostro fratello.

Tramite la parabola del Buon Samaritano il Signore ci invita a riscrivere i comandamenti.

Se prima i comandamenti suonavano “Ama Dio e non fare il male”, adesso, invece, attraverso questa parabola “Fai il bene, ama il fratello e quindi amerai Dio”.

Ci allarga il concetto del prossimo: non è colui della mia famiglia né della mia tribù o nazione, ma, come dice Gesù, “ama anche il tuo nemico”. È la novità del nuovo testamento.

La persona che poteva essere il nemico è colui che devo amare ancora di più.

Ama il prossimo e odia il nemico che era la legge di Israele, o quello che sta rivenendo tante volte nella nostra società “ama il tuo connazionale, odia lo straniero” o quello che si dice spesso “American first”, “prima gli italiani” vuol dire che si è ancora nell’Antico testamento.

Col il nuovo si progetta una nuova società in cui conclude Gesù facendo una domanda “chi si è fatto prossimo di questa persona che si trovava lungo la strada abbandonato”.

Non ci sono scuse per farsi vicini.

Presenta i due personaggi: il levita, il sacerdote. Loro seguivano la legge.

Non potevano avvicinarsi e toccare la persona moribonda, altrimenti sarebbero andati subito in quarantena; non avrebbero potuto officiare al tempio, avrebbero dovuto fare una settimana di purificazione.

Tra scegliere la persona abbandonata sulla strada o l’officio religioso nel tempio hanno fatto una scelta: hanno scelto Dio però hanno abbandonato il fratello. Gesù invece dice che se vuoi scegliere Dio devi accudire il fratello.

Siamo corresponsabili degli uni degli altri. Non possiamo amare Dio senza amare il fratello. Il fratello è colui che a cui noi dobbiamo farci prossimo. Non aspettare che lui venga da noi, ma siamo noi ad andare da lui.

Fare attenzione a non essere ipocriti come quel sacerdote, quel levita che in buona fede sono passati oltre; perché avevano altri interessi.

Il vero interesso, invece, è l’uomo: è l’uomo vivente. 



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