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L’Indonesia al decimo posto nella graduatoria delle economie mondiali. In questi ultimi giorni in Indonesia siamo stati “sorpresi” da due notizie in campo economico. La prima si riferisce al fatto che la Cina avrebbe superato gli Usa in campo economico mentre la seconda, comunicata dalla Banca Mondiale, pone l’Indonesia al decimo posto nella graduatoria delle economie mondiali, avanti all’Italia che è così undicesima. È pur vero che questi calcoli si basano non sul Pil in termini assoluti e tanto meno sul Pil pro capite; si basano difatti sulla parità del potere d’acquisto nelle diverse economie.

Rimane però il fatto che è stato raggiunto questo gradino e che, con il ritmo di crescita delle economie principali dell’Asia (Cina, India e Indonesia), tutte al di sopra del 5% annuo, non ci vorrà molto tempo per questi paesi a raggiungere e superare anche in quantità assoluta, le più potenti economie dell’Occidente. Qui da noi è diventato un campanello di allarme, la notizia che la crescita del Pil indonesiano nel primo trimestre dell’anno in corso è stata “solo” del 5,2% (contro il previsto 5,6%). Secondo il Direttore della Bca (Banca centrale asiatica) David Sumual, l’Indonesia ha la possibilità di diventare la settima o addirittura la quinta potenza mondiale nel 2020. Questo paese non finisce di stupire!

Elezioni amministrative del 9 aprile 2014: una prova di efficienza e di democrazia. Ma c’è un’altra buona notizia che in questi giorni ci ha rallegrato e questa volta nel campo politico: si tratta difatti delle elezioni amministrative realizzate il 9 aprile scorso (in attesa di celebrare le elezioni presidenziali il prossimo 9 luglio). Si è trattato di un avvenimento di grande portata democratica. Queste elezioni hanno coinvolto quasi 186 milioni di votanti, anche se poi effettivamente hanno votato “solo” circa 125 milioni. Tutto si è svolto ordinatamente e celermente: in 6 ore (dalle ore 7 alle 13), questa massa di gente si è riversata sui 546mila seggi elettorali, per scegliere tra i circa 200mila candidati presentati da 15 partiti, i 560 deputati per il Parlamento nazionale, i 2.088 deputati ai Parlamenti regionali e i 6.320 deputati nei Parlamenti provinciali.

Alla sera del 9 aprile stesso si sapevano già i risultati, comunicati da alcune agenzie di “conteggio veloce”: risultati poi confermati, con sole piccole variazioni, dal conteggio ufficiale fatto a livello centrale e che ha richiesto più di un mese di tempo (si tenga presente che l’estensione dell’Indonesia raggiunge circa 5mila km e le comunicazioni, per alcune zone dell’interno, non sono facili). Se si tiene presente che ogni seggio elettorale aveva vari “ufficiali” (presidente, controllori della regolarità del voto, distributori e ricettori delle schede, incaricato di segnare con l’inchiostro l’elettore uscito dalla cabina elettorale…) ci si può rendere conto della complessità dell’evento e della efficienza raggiunta da questo Paese. Certo non è tutto oro ciò che luccica: ci sono stati brogli, con offerta di beni di consumo o di soldi da parte di alcuni candidati, ci sono stati casi di schede già “votate” prima delle elezioni, in alcune zone si è dovuto ripetere la votazione per irregolarità varie ecc. Ma il fatto che questi avvenimenti (che accadono in tutti i paesi) vengano scoperti e perseguiti è un altro segno di maturità di questa democrazia.

In attesa delle elezioni del Presidente della Repubblica del 9 luglio prossimo. Ora aspettiamo l’altro evento, forse ancor più importante e cioè l’elezione del presidente della Repubblica: si sono formate già due coalizioni a sostegno di due candidati tra i quali la gente farà la sua scelta il prossimo 9 luglio.

  • FRANCESCO MARINI.
  • Giakarta, 18 maggio 2014.


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