IL CARD. TUMI INTERVIENE ANCORA SULLA DRAMMATICA SITUAZIONE DEL CAMERUN
Il card. Christian Tumi, arcivescovo emerito di Douala, è ritornato a parlare del suo sequestro, del 5 novembre scorso, da parte dei ribelli anglofoni secessionisti – che l’avevano rilasciato il giorno dopo –, in un’intervista del 22 gennaio 2021 alla tv camerunese CRTV-Littorale. Gli “amba-boys” (i ragazzi dell’Ambazonia, nome che i secessionisti hanno dato alle due province anglofone del paese) non si erano accorti del personaggio che avevano rapito, al punto che, stando alle dichiarazioni del cardinale, si sono trovati molto a disagio scoprendo la notorietà di cui godeva presso i loro superiori, che sapevano di tutte le iniziative da lui intraprese anche a loro favore, per la pacificazione del paese.
L’evento ha offerto all’anziano arcivescovo l’opportunità di misurare la sua resistenza fisica facendo circa 40 Km in moto nella savana, a novant’anni, per raggiungere il rifugio dei secessionisti. Ma anche di rendersi conto che molti secessionisti non sapevano più perché combattevano (la maggioranza è di nazionalità nigeriana). Attualmente la paura impedisce ai secessionisti di deporre le armi e di metter fine a una guerra, che, immaginata di un anno, si combatte ormai da cinque. Fa paura certo il comportamento dell’esercito nazionale, ma anche quello dei mercenari oriundi dalla Nigeria, i quali, appena sospettano che qualcuno vuole fuggire, lo ammazzano.
Tumi ha ribadito ai suoi rapitori alcuni punti sui quali ritorna spesso: l’intolleranza dei secessionisti, che hanno rifiutato qualsiasi dialogo con il governo centrale, e l’insensatezza della lotta armata, che ha impoverito la regione, seminando distruzione e morte. Ha riconfermato la sua disponibilità ad accogliere chiunque volesse deporre le armi per reintegrarsi nella società civile. Si è fatto garante dell’incolumità di quanti volessero abbandonare la lotta armata, testimoniando che molti l’hanno già fatto. La polizia stessa ha accompagnato molti combattenti alla sua residenza a Duala o alla residenza del vescovo di Bamenda, Andrew Nkea, dove sono già state accolte più di 400 persone. I ribelli dubitano infatti delle buone intenzioni dello Stato ed evitano di raggiungere i centri di disarmo di Bamenda e Buea.
Tumi ha confermato la somma di 200mila Franchi Cfa (circa € 300,00) come incentivo per iniziare una nuova vita a chi ha deposto le armi. Molti preti che vivono nell’area del conflitto affermano che ormai la popolazione è contraria alle motivazioni che hanno generato questa guerra civile. Instancabile mediatore di pace e riconciliazione, il cardinale si è dimostrato molto benevolo nei confronti del presidente Paul Biya, anche se molte sue proposte non sono ancora state accettate dal presidente, affermando che se “l’uomo (Biya) non è perfetto, è stato però molto aperto al dialogo”. Ha lodato anche l’amministrazione che lo ha aiutato ogni volta che si è rivolto ai responsabili del posto. Ha affermato perfino che nota dei progressi nel processo di pace, anche se attacchi e combattimenti continuano in alcune zone.
Il cardinale ha infine lanciato un appello a quanti vogliono continuare la lotta armata affinché escano allo scoperto e fondino un partito politico, con un programma preciso. Solo così si può aspirare a conquistare il potere, senza uccidere né distruggere, ma agendo per il bene maggiore del paese. In questo modo diventerebbero più chiare anche le motivazioni dell’azione dei ribelli, cosa che non è più così evidente per la popolazione delle due regioni anglofone.