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CONGO RD / NUOVA INIZIATIVA CONTRO IL COVID-19

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Il 22 aprile scorso, il presidente del Congo RD, Felix Tshisekedi, ha nominato i membri del comitato di gestione del Fnscc (Fondo nazionale di solidarietà contro il Covid-19), una nuova iniziativa di solidarietà per reperire risorse da destinare all’aiuto, all’assistenza e al sostegno di persone fisiche e morali colpite dal virus; inoltre, per procurare i dispositivi necessari per il personale sanitario, i respiratori per gli ospedali ecc. Il Fondo dovrebbe anche finanziare il comitato guidato dal virologo dr. Muyembe Tamfun, che organizza ricerche sulla malattia e la formazione del personale. Le risorse vanno cercate presso lo Stato, le Province, le imprese pubbliche e private, le istituzioni internazionali e altri donatori. Coordinatore del comitato è mons. Fridolin Ambongo Besungo, arcivescovo di Kinshasa, coadiuvato dal rev. dr. André Bokunda, della Chiesa di Cristo in Congo (Ecc). Gli altri membri rappresentano le altre confessioni e religioni presenti nel paese, con alcuni rappresentanti della società civile, dell’Esercito, oltre al già citato dr. Jean-Jacques Muyembe Tamfun.

Questa iniziativa è frutto di un incontro con i diversi rappresentanti della società civile del presidente Tshisekedi, che ha voluto mettere in mano a “uomini di Dio” la sua gestione, per garantirne la trasparenza, la correttezza nell’uso delle risorse, un oculato monitoraggio, resoconti chiari e precisi. L’organizzazione resterà in vita per tutto il periodo dell’emergenza sanitaria rispondendo alle sollecitazioni provenienti da tutto il territorio nazionale.

I capi religiosi non hanno, però, voluto assumere la responsabilità diretta dell’iniziativa. Lo hanno dichiarato il 1° maggio in una conferenza stampa coordinata dal segretario generale della Cenco (Conferenze episcopale nazionale del Congo), l’abbé Donatien Nshole. Essi hanno assicurato la disponibilità a collaborare, ma hanno manifestato le loro riserve ad assumere la gestione diretta del Fondo. Ritengono tale responsabilità troppo gravosa e incompatibile con il ruolo spirituale che li qualifica. Domandano perciò al presidente Tshisekedi di disporre di tecnici competenti, riservando ai capi religiosi il ruolo di consiglio consultivo, una sorta di consiglio di amministrazione, che darebbe loro la facoltà di controllare la gestione dei fondi, ma senza la responsabilità della loro gestione.

Dal canto suo, l’Ue ha già confermato, attraverso il suo ambasciatore in Congo RD, un aiuto di 15 milioni di euro per l’emergenza Covid-19. Grandi imprese, come Vodacom, prima compagnia di telefonia mobile del paese, hanno già confermato il loro aiuto. Altre voci si uniranno al coro per rispondere all’emergenza, con l’autorevole garanzia del cardinale di Kinshasa.

L’intenzione del presidente di affidare a personalità religiose la gestione del Fondo evidenzia la mancanza di fiducia nei confronti di chi gestisce la cosa pubblica. In effetti, uno dei cavalli di battaglia del nuovo presidente è la lotta alla corruzione e all’impunità. Su questo versante, infatti, continua la campagna Il Congo non è in vendita, che raggruppa organismi della società civile congolese e internazionali, che suggeriscono al presidente di lanciare una revisione generale dei conti pubblici. Un’azione simile, mai fatta in Congo, potrebbe arrestare il dissanguamento delle casse del paese per le ripetute ruberie o cattive gestioni che non sono mai state oggetto di una inchiesta giudiziaria approfondita.

Nel frattempo, con la pandemia, la moneta congolese continua a perdere valore nei confronti del dollaro Usa. A metà aprile il suo valore era di 1.700 Fc (Franchi congolesi) per un dollaro, ai primi di maggio di 1.900 Fc. E la tendenza non sembra arrestarsi. C’è chi attribuisce la perdita alle speculazioni dei cambisti, in seguito alla chiusura del quartiere degli affari, La Gombe. Altri attribuiscono tale perdita alla chiusura delle frontiere, che impedirebbe l’arrivo di nuovi dollari, aumentando il valore di quelli in circolazione nel paese. Dal canto suo, la Banca Centrale afferma che il tasso ufficiale è di 1.720 Fc, ma come sempre il cambio reale è un’altra, e il semplice consumatore, che in questa crisi vede ridursi il suo potere d’acquisto, non è in alcun modo tutelato.

Intanto, mentre sembrano risolti i casi di contagio nell’Est del paese, un primo caso, proveniente dal Kenya, è stato confermato a Lubumbashi, seconda città del Congo, nel Sud del paese. Le autorità sanitarie hanno subito imposto l’uso della mascherina negli spostamenti anche più semplici. Attualmente i casi confermati sono 682, la maggior parte nella capitale. I decessi sono 34. Destano preoccupazione i 45 casi del carcere militare di Ndolo, a Kinshasa. In un rapporto del 17 aprile l’Ong Human Right Watch aveva già allertato il governo circa il sovraffollamento delle carceri e il loro stato di degrado igienico-sanitario. Secondo la Monusco (Missione dell’Onu per la stabilizzazione del Congo) il 71 per cento dei detenuti è in attesa di un processo. Le carceri congolesi sono tra le più sovraffollate del mondo. In un carcere immaginato per 100 detenuti, se ne contano 850! Senza letti e materassi, i detenuti rischiano di avere meno di un metro quadrato a testa. Si nutrono di quanto arriva da fuori, dai parenti e dalle organizzazioni caritative. In gennaio 2020, a Makala, nel carcere centrale della capitale, 40 detenuti sono morti di fame, 20 in febbraio.

L’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, all’inizio della pandemia aveva esortato i governi del mondo a ridurre la popolazione carceraria, garantendo acqua e cibo, oltre che l’assistenza giuridica e sanitaria. I magistrati congolesi hanno per ora liberato circa 2000 detenuti. Secondo il diritto internazionale, il governo congolese ha l’obbligo di proteggere i suoi detenuti e il suo personale penitenziario soprattutto in questa circostanza di pandemia, fornendo i mezzi necessari per garantirne i diritti fondamentali nel rispetto delle norme sanitarie. Ma finora, i detenuti sono costretti a ricevere l’acqua potabile da fuori, dai parenti, perché in carcere non c’è acqua potabile.



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