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Mentre scrivo, siamo ancora nella bufera coronavirus e troppe persone che hanno fatto parte della nostra vita ci hanno lasciato. La nostra comunità di Alzano è stata direttamente toccata dalla morte, il 19 marzo, di p. Giuseppe Pilade Rossini, nel giorno del suo onomastico. Qualche giorno dopo p. Gerardo Caglioni, rettore ad Alzano poco più di due anni e mezzo fa, ci ha lasciato. P. Guglielmo Camera è deceduto mentre sto scrivendo queste righe (1° aprile).

Padre Guglielmo e p. Giuseppe hanno vissuto gli anni terribili della guerra civile in Sierra Leone, con stragi inenarrabili che hanno segnato profondamente tutti quelli che hanno vissuto quei foschi anni. Penso che non sia facile riprendere la vita missionaria quando i fatti sembrano quasi dimostrare l'inefficacia del tuo lavoro di evangelizzatore. P. Gerardo ha scritto libri e compiuto studi sulla storia missionaria della Sierra Leone, scattando anche belle fotografie. Anche p. Giuseppe ha pubblicato almeno un libro fotografico con didascalie sulla tragedia della Sierra leone.

Ricordandoli, pensiamo alla loro scelta di dare tutta la vita al Signore per donare il vangelo al mondo. Una scelta sbocciata nell'infanzia e poi confermata da adulti. Non possiamo che avere un senso di ammirazione e gratitudine per questi fratelli che hanno accettato l'invito del Signore. Ancor di più la gratitudine va al Signore che ce li ha donati. Nonostante le difficoltà della loro vita missionaria, hanno perseverato fino alla fine. Chissà quanti aneddoti potrebbero raccontarci ancora della loro vita missionaria. Qualcosa è stato scritto, qualcosa forse verrà scritto domani. Ma ora, su questa pagina, a pochi giorni dalla loro scomparsa, mi preme fissare con voi il ricordo della loro vita come un dono della Provvidenza per quelli che hanno avuto l'occasione di incontrarli.

P. Gugliemo Camera è stato mio assistente ad Alzano nel 1964, in prima media. Noi ragazzi lo chiamavamo, grazie ai primi rudimenti di inglese, William Room. Era una vocazione adulta e più anziano degli altri due assistenti ma solo di pochi anni. Era un formidabile attore. Interpretava il signor Epaminonda Torsoloni nell'operetta Una gara in Montagna che, durante l'estate di quegli anni sessanta, portavamo in giro per i paesi attorno a Castione della Presolana dove avevamo il campeggio.

In questi ultimi anni si era dedicato a numerose cause di beatificazione, tra cui quella della beata Benedetta Bianchi Porro (diocesi di Forlì Cesena), di p. Pietro Uccelli e dei martiri saveriani del Congo (1964). È stato in Sierra Leone negli anni della guerra civile. Mons. Giorgio Biguzzi, allora vescovo di Makeni, mi diceva che la sua presenza è stata davvero preziosa nel seminario interdiocesano. Quando i saveriani si riunivano, p. Guglielmo era solito, nei dopo cena, allietare i confratelli con la sua voce baritonale, intonando canti bergamaschi. Originario della Val Seriana, sopra Ardesio, aveva quei tratti tipici della gente di montagna: schivo, tenace, grande lavoratore e uomo di profonda fede. Aveva avuto tra i numerosi incarichi anche quello di Rettore della teologia a Parma agli inizi di questo millennio. È stato da noi, a fine febbraio, per portare le corone del rosario con l'effige di p. Luigi Carrara ben avviato, ci diceva, verso la beatificazione, con gli altri due confratelli, fr. Vittorio Faccin e Giovanni Didonè.

P. Gerardo Caglioni l'ho conosciuto mentre studiavo teologia. Era qualche anno avanti a me, ma lavoravamo nella stessa parrocchia, Cristo Risorto, con un parroco bravo e attivo, don Luciano Scaccaglia. La parrocchia non aveva nemmeno la chiesa e celebravamo all'asilo delle suore Salesiane. Si andava nelle famiglie ad animare i gruppi biblici e poi, il sabato, il catechismo con i ragazzi. Vedevo arrivare p. Gerardo dalla Casa Madre con quella bici a motore scoppiettante che chiamavano mosquito. Appassionato di liturgia era nato “cerimoniere”. Ha avuto grande soddisfazione, oltre che di impegno, nella Celebrazione Eucaristica dopo la canonizzazione di san Conforti a San Paolo fuori le Mura. Ultimamente aveva anche l'incarico di animare in modo missionario i seminari. Era appena rientrato da una di queste visite, quando l'infezione l'ha colto. E si è subito reso conto che la sua situazione era grave.

P. Giuseppe Pilade Rossini l'ho incontrato quando lavorava alla Procura di Parma. L'ho poi rivisto a Brescia nel 1999. Al Centro Paolo VI aveva organizzato una conferenza stampa per parlare della situazione dei saveriani rapiti in Sierra Leone e sul clima in quella martoriata nazione. Ci siamo rivisti a Cremona, poi a Tavernerio e infine qui ad Alzano. La sua salute aveva avuto degli scossoni, ma con grande dignità, cercava di non disturbare nessuno. Conduceva una vita ritirata e, a seconda di come stava, cercava di partecipare con i confratelli alla preghiera, agli incontri comunitari e conviviali. Una volta ha detto: “Siamo vecchi e ci stiamo preparando nel miglior modo possibile ad andare dal Signore”.

Nessuno, certo, si aspettava queste dipartite improvvise. Ci hanno lasciato profondamente scossi. È un’epidemia subdola, imprevedibile, invisibile. Ad Alzano e a Bergamo siamo stati colpiti fortemente. E qualcosa, fra lutti e reclusioni, ci sta cambiando. Le riflessioni vanno sempre più in profondità e le domande diventano essenziali. Le risposte dipendono dal nostro cuore e da come l'abbiamo nutrito. “Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-24). Il nostro cuore sicuramente è un po’ smarrito e non può che alzare gli occhi al cielo per chiedere luce e per capire, credere e invocare forza per continuare ad amare. Quello che rimane di questi confratelli è il bene che hanno fatto e che molti hanno raccolto e custodiscono. Sarà la forza per continuare a farne altrettanto.



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