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Una vita quasi… normale: Luciano Ghini, “fratello monsignore”

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In Africa, i congolesi lo chiamavano “bwana frera”, che significa “monsignor fratello”: un titolo affettuoso e riverente. Fratel Luciano Ghini mi aveva raccontato, qualche mese fa, la storia della sua vocazione.

Le fughe dalla famiglia

“Avevo trent’anni compiuti quando finalmente sono andato tra i saveriani. Avevo sentito la vocazione missionaria molti anni prima, già da ragazzo. Poi mio padre morì. Io ero il più grande; dopo di me, due fratelli e una sorella di pochi mesi. Sono rimasto a casa per aiutare la famiglia, che non era benestante. Facevo il meccanico, un mestiere che mi è tornato utile per la missione.

Quando ho finito di sistemare i miei fratelli, allora sono partito. Nel frattempo, avevo cominciato a frequentare la comunità saveriana di Brescia, dove studiavano i ragazzi che desideravano farsi saveriani. Allora c’era padre Giovanni Toninelli e padre Stanislao Pirola. Io avevo 14 - 15 anni.

Nel tempo libero, andavo da loro e li aiutavo a preparare le mostre di oggetti artigianali da vende a favore delle missioni. Così mantenevo i collegamenti con i saveriani. Poi, quando sono stato libero dagli impegni di famiglia, ho lasciato tutto e sono diventato missionario”.

Il fratello Gianfranco ricorda bene le fughe di casa che ogni tanto Luciano faceva: “Spariva all’improvviso, senza dirci niente. Eravamo tutti preoccupati; ma poi abbiamo capito che scappava dai saveriani per dare una mano. Con loro si trovava bene; era la sua seconda famiglia. Padre Giovanni lo ha sempre chiamato, anche quando ormai era diventato grande, “il mio monello”. La sorella Gabriella dice: “Luciano è stato per me non solo un fratello, ma un papà. Mi voleva bene e mi ha aiutato a crescere”.

Una vocazione “matura”

A quell’epoca, era normale entrare nelle scuole apostoliche o seminari da ragazzi e fare i voti religiosi all’età di 16 - 17 anni, subito dopo le medie superiori e l’anno di noviziato. Queste erano “vocazioni normali”; le altre erano chiamate “vocazioni adulte”. Fratel Luciano era diventato saveriano il 31 agosto del 1975, quando ormai aveva 32 anni compiuti. Una vocazione davvero matura, sotto tutti gli aspetti. Poi aveva studiato teologia per laici ad Ancona, la lingua francese a Parigi e poi, nella missione del Congo, la lingua swahili.

Intanto aveva anche fatto un corso di meccanica, per specializzarsi maggiormente ed essere utile in missione. Il superiore generale, inviandolo in Congo, gli aveva scritto quest’augurio: “Sii un vero missionario, segno della presenza di Dio in mezzo alla gente che non conosce ancora la salvezza cristiana, un fratello che aiuta gli altri a realizzarsi come figli di Dio, un apostolo che annuncia l’amore che Dio ha avuto per noi”.

Fratel Luciano aveva risposto: “Ho ricevuto con immensa gioia la lettera della mia destinazione, anche perché speravo proprio di andare nello Zaire”; così si chiamava allora l’attuale repubblica democratica del Congo.

25 anni di lavoro intenso

Dal 1979 al 2004, fratel Luciano è stato la persona di fiducia nelle varie missioni saveriane in Congo, come meccanico, economo, incaricato delle costruzioni e di procurare tutto quanto possibile per le tante situazioni di emergenza della popolazione. Ininterrottamente, per 25 anni, a parte i brevi periodi in Italia, nella sua Brescia, per riposo e anche per cure mediche.

Nonostante un delicato intervento alla laringe nel 1982, Fratel Luciano ha continuato a lavorare e a dedicarsi ai missionari e alla gente senza mai risparmiarsi. Era un amico e tutta la gente lo ricorda con simpatia. Lo ricordano gli impiegati dei vari uffici dove si recava per i documenti; lo ricordano i poveri che lo circondavano nelle vie della città. Lo ricordano i cristiani con i quali ha lavorato per costruire scuole e biblioteca; lo ricordano i suoi operai che lui amava, visitava, aiutava. Lo ricordano i confratelli per tutti i servizi fatti.

Resusciterà da qui

Il superiore p. Gianni ha detto: “Voleva morire qui per entrare in simbiosi con la terra congolese anche con il suo corpo. Resusciterà da qui”. Fratel Luciano è morto la mattina di venerdì 25 giugno a Kavimvira; il giorno dopo è stato sepolto a Bukavu, nel cimitero di Panzi, insieme agli altri saveriani morti in Congo.



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