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Montemesola, cuore missionario

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Mi è stato chiesto di scrivere i ricordi dei miei cinquant'anni di vita religiosa e missionaria. Prima di cominciare, però, faccio mie le parole della Madonna: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva...".

La cartolina a catechismo

Ringrazio il Signore perché mi ha scelta, chiamata e inviata. Il primo desiderio della missione l'ho avuto quando ero bambina, al catechismo. La catechista ci consegnò delle cartoline da vendere a favore delle missioni. Una di queste mostrava il battesimo di un vecchietto cinese e ne rimasi impressionata. Come mai un uomo si fa battezzare così vecchio? Perché non si è battezzato quand'era bambino? A queste domande, la catechista rispose che si trattava di un "pagano" che si era convertito attraverso l'annuncio fatto da un missionario.

Venni così a sapere che lì non c'erano né sacerdoti né suore, ma solo missionari e missionarie, che erano però molto pochi. Per questo, molta gente non conosceva Dio. In cuor mio dissi: "Quando sarò grande mi farò missionaria".

Le lacrime di mio papà

Da quel giorno aumentò in me l'impegno missionario, anche se poi non ci pensai più. Anzi, passati alcuni anni, cominciai a orientarmi verso una vita da donna sposata. Al momento di decidere, però, ritornò forte il pensiero della missione: la famiglia era una realtà troppo piccola per me. "La mia famiglia sarà il mondo", mi dissi. E cominciai a cercare, a informarmi. Conobbi le missionarie di Maria, le saveriane, attraverso il loro giornalino. Poi, con l'aiuto di un saveriano, entrai in contatto con loro.

La mia vocazione fu molto osteggiata. Mio padre e tutta la famiglia, tranne mamma, erano contrari. Essendo ancora minorenne, avevo bisogno del consenso del papà: tutto mi sembrava impossibile. Il Signore venne però in mio aiuto e papà, fra molte lacrime, firmò il consenso.

Così, il 9 ottobre 1954 entrai fra le saveriane. Rimasi a Parma fino alla prima professione religiosa, il 2 luglio 1958. Subito dopo, in agosto, partii con altre sette saveriane per il Brasile, e rimasi circa 10 anni ad Apucarana nello Stato del Paranà.

Il Brasile e i primi dubbi

Arrivata in Brasile, mi attendeva un grande compito: evangelizzare, catechizzare da mattina a sera, preparare i futuri catechisti. Ero anche incaricata della formazione delle "figlie di Maria", una congregazione mariana di cui facevano parte circa 200 ragazze.

Avevo 23 anni e un grande ardore missionario, ma nessuna esperienza per affrontare questa grande missione. Non si trattava infatti di fare delle cose, ma di portare le persone a scoprire l'amore di Dio, la salvezza. Entrai in una crisi profonda e cominciai a pensare di essermi illusa, di essere stata presuntuosa. In tutta sincerità, credevo che sarebbe stato meglio tornare indietro...

I consigli di p. Lanciotti

A Londrina, città vicina ad Apucarana, c'erano le comunità delle saveriane e dei saveriani. Andai a far visita alle sorelle, ma soprattutto per cercare consigli. Incontrai p. Mario Lanciotti, missionario di grande esperienza, reduce dalla Cina, dove era stato imprigionato e poi espulso.

Mi ascoltò con molta attenzione, poi mi disse: "Sorella, sei sicura di quello che hai detto? È proprio vero che non ce la fai, che non sei capace, che non sei niente?". Risposi di sì. "Allora ricordati che se il Signore si è servito di una mascella d'asino, molto più si servirà di un'asina intera. Va' e fa' quello che il Signore ti chiede. Non fidarti di te, delle tue forze e capacità, ma fidati di lui, che non ti abbandonerà mai".

In quel momento ho sentito qualcosa di indescrivibile. Non mi aspettavo una risposta del genere, ma fu certamente molto salutare. Sono passati cinquant'anni e vi assicuro che il Signore si è servito molto della mia povertà, del mio niente, e attraverso di me ha fatto grandi cose.



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