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Una chiesa cordiale… Paolo l'ha conosciuta sulla via di Damasco

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Ho incontrato da poco un signore che mi ha detto: "Voi missionari rendete la chiesa più simpatica, più cordiale". La frase mi ha fatto piacere, ma anche riflettere, perché mi è parso di cogliere una vena polemica nei confronti della chiesa ufficiale, che sinceramente non mi pare giusta.

Sappiamo che i ministri della chiesa, in queste nostre terre, hanno di fronte una realtà impegnativa e difficile, mentre noi missionari giochiamo abbastanza spesso il ruolo del battitore libero, forse con minori grattacapi, in questo nostro mondo complesso e complicato.

Siamo tutti responsabili

Quella frase, che mi ha fatto indubbiamente piacere, esprime anche una grande responsabilità. Per rendere visibile il mistero della chiesa bisogna amarla e vivere in sintonia con essa, anche quando la chiesa ci sembra pesante, gravata da abitudini secolari, che ne rallentano il passo e ne riducono la scioltezza missionaria.

Ma è pur sempre nostra madre e noi vorremmo vederla rispondere alle attese del suo Fondatore. Gesù Cristo l'ha voluta come il luogo nel quale possiamo incontrare Lui. La chiesa è infatti la casa del Padre e il luogo della fraternità universale, dove ciascuno è aperto all'altro, pronto a far entrare tutti, perchè tutti vi sono attesi, tutti sono di casa, anche se ancora lontani nel loro cammino.

Chi è la chiesa?

In quest'anno, che il Papa ha voluto in onore di san Paolo, è normale che il nostro pensiero vada all'apostolo delle genti, per farci dire da lui chi è la chiesa. Paolo ha avuto con la chiesa un incontro molto particolare. Dopo averla odiata e perseguitata, l'ha riconosciuta sulla strada di Damasco, quando Gesù, apparendogli, si è presentato come "Colui che tu perseguiti".

Per Paolo fu subito chiaro chi era la chiesa: era il corpo di Gesù Cristo, i cristiani che egli andava a mettere in catene per sopprimere quel nuovo modo di vivere la fede. Da quel momento per Paolo fu chiaro che la chiesa è il corpo di Cristo, che si trova ancora oggi a Damasco o a Roma, che è perseguitato in Palestina o in India, in America Latina o in Africa. Il corpo di una persona è la sua parte visibile; ciò che le permette di agire e di soffrire.

Il compito di ciascuno di noi

La chiesa se è il corpo di Cristo - che oggi è glorioso e quindi invisibile ai nostri occhi - allora è ciò che permette a Gesù di continuare la sua missione qui in terra. È grazie alla chiesa che Cristo può parlare al mondo di oggi; ascoltarne gli appelli gridati o silenziosi; accogliere, curare e guarire gli uomini e le donne del nostro mondo e, in particolare, raggiungere con la sua grazia coloro che sono lontani e neppure lo conoscono.

Se siamo chiesa - e credo che tutti siamo fieri di farne parte - questo è allora il nostro compito: metterci a disposizione del Signore, con tutte le nostre risorse fisiche, spirituali e materiali, per permettergli di raggiungere tutti i figli di Dio che sono dispersi. La nostra attenzione deve quindi rivolgersi a quelli che hanno abbandonato la chiesa e non partecipano più alla sua vita e, in modo particolare, a coloro che non sono ancora con noi e che forse mai aderiranno alla nostra comunità cristiana - islamici, hindu, buddhisti e altri - per affascinarli con la bellezza del volto di Cristo.

Una missione esigente

Nei loro confronti la nostra responsabilità missionaria è ancora più esigente. Noi dobbiamo curare la nostra testimonianza cristiana, la nostra carità e la nostra fede, per mostrare il volto di Gesù in tutta la sua bellezza e far sentire, nel nostro amore, l'amore del Cuore di Gesù, che "vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità".

La chiesa deve ricordare sempre questo impegno, che è la sua missione. Ma attenzione: quando diciamo "chiesa", parliamo non solo dei vescovi e dei preti, dei missionari e delle missionarie, dei religiosi e delle religiose.

Parliamo di noi stessi, di ciascuno di noi. Ed è a ciascuno di noi che incombe il dovere di presentare una chiesa cordiale ed estroversa.



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