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Un libro per restituire memoria

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La saveriana Teresina Caffi, venerdì 2 dicembre, ha presentato a San Cristo il suo libro “Va, dona la vita”, dedicato alle consorelle martiri in Burundi. Ecco parte del suo intervento.

Nel pomeriggio di domenica 7 settembre 2014, nella loro casa nella parrocchia di Kamenge, in periferia di Bujumbura (Burundi) sono state assassinate le saveriane Olga Raschietti (83 anni), Lucia Pulici (75 anni). Nella notte successiva anche Bernardetta Boggian (79 anni) fu uccisa.

Scelte comuni, storie diverse

Ogni storia è bella e insieme semplice. Sono storie di tre ragazze - Lucia di Desio, Olga di Montecchio Maggiore nel Vicentino e Bernardetta di Ospedaletto Euganeo in provincia di Padova - che negli anni ’60, con la sola licenza elementare, hanno sognato alla grande, affascinate da Gesù e spinte interiormente verso i popoli che non lo conoscevano ancora.

Tutte e tre avevano vissuto un inizio di fidanzamento. Poi, quella forza più grande, che chiamiamo vocazione, le ha fatte partire.

Questo è il fuoco che ha continuato ad alimentare le loro vite, nonostante le difficoltà incontrate: di relazioni, inserimento, salute, età, personali…

Olga, compiere la volontà di Dio

Un messaggio centrale di Olga è la centralità del fare la volontà di Dio. Questa fedeltà le costerà a volte moltissimo. Il suo desiderio bruciante di continuare a ripartire, nonostante la salute precaria, lo viveva con l’interrogativo interiore: “Sarà la volontà di Dio?”.

Nel 2012, durante l’adorazione, prega così: “Gesù, che la tua volontà sia fatta; però tu sai che desidero ancora partire”. Le vengono limpide in mente queste parole: “Olga, credi di essere tu a salvare l’Africa? L’Africa è mia. Nonostante tutto, sono però contento che parti: va’ e dona la vita!”.

Da allora, non ha più dubitato.

Lucia, il fascino della Bellezza

Da Lucia possiamo attingere un forte invito a gustare la bellezza. Lucia era affascinata dal bello: per lei era un fiore, un tramonto, anche una partita o una gara di Formula 1… Soprattutto la nascita di un bimbo (era ostetrica): “La nascita di un bimbo mi ha sempre riempita di grande ammirazione e di stupore di fronte alla vita”.

Il bello che più l’affascinava era Dio. Stava tanto tempo col suo libro sulle ginocchia in cappella: la Bibbia o le opere di San Giovanni della Croce e si lasciava estasiare dal mistero dell’incarnazione, dal divario fra la sua piccolezza e l’immenso amore di un Dio che si fa essere umano, dalla vita eterna.

Riscoprire la bellezza attorno a noi e quella più grande in Dio può riaccendere in noi lo stupore che è fonte di gioia, apertura, giovinezza.

Bernardetta, missione come incarnazione

In Bernardetta si esprime in particolare la missione come incarnazione. Sentiva profondamente il grido dei poveri. Condivisione che significa anche sofferenza di non poter davvero essere come coloro che la circondavano.

Diceva: “La sera si ha sempre un po’ di pena per non potere arrivare ai casi più urgenti”.

“La sofferenza più profonda per me, e credo per ogni missionario, non è la malaria, la mancanza di comodità o del cibo italiano; la pena più grande è il sentirti impotente di fronte a queste situazioni…”.

Olga, Lucia e Bernardetta non immaginavano che la loro condivisione sarebbe giunta fino a subire una morte atroce, come tanta povera gente dei Paesi dei Grandi laghi africani in questi decenni. Ma in qualche maniera l’avevano messa in conto.

La loro vita era già data. Perciò gli assassini non hanno rubato nulla, hanno trovato qualcosa che già era stato donato. Anche per loro.



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