Un fratello stimato e amato
Il ritorno alla celebrazione dell’Eucaristia è stato “un regalo inatteso”, come tu stesso hai detto. Un anno fa, di questi giorni, ne hai avuto un’autorevole conferma dallo stesso papa Francesco, nel corso di una breve quanto commovente udienza. Sei rientrato nella comunità di san Pietro in Vincoli dove, mi dicevi, non potevi essere trattato meglio dai nostri confratelli. E quando hai ricevuto, come per un segno dal cielo, la proposta di rientrare nell’ordine del presbiterato, hai avuto paura di accettare. Non te ne sentivi degno e hai voluto verificare personalmente con me la verità di quel ritorno. Era però così chiaro il disegno di Dio che non c’era bisogno di alcuna conferma.
Eugenio, lasciami dirtelo apertamente, sei stato un missionario, a modo tuo, ma un grande missionario. E per noi tuoi fratelli un fratello stimato e amato. Ricordo che un giorno, rispondendo al Cardinale di Propaganda Fide - in disaccordo con le posizioni da te espresse sulla rivista che dirigevi, per cui mi chiedeva di sanzionarle d’autorità - gli dissi che tu eri per noi e per me in particolare, un fratello amato e stimato e che mai ti avrei escluso dall’Istituto. Proprio così: eri e sei stato fino alla fine un confratello amato, forse un profeta, nato qualche decennio prima del tempo…
Eugenio non voglio fare in questo momento il tuo panegirico. Ti dico solo “grazie” per la tua testimonianza, soprattutto di questi ultimi mesi. Grazie alla tua famiglia che ti ha permesso di entrare tra i saveriani. Ricordo di essere venuto con te a far visita alla tua mamma all’ospedale di Faenza qualche giorno prima ch’ella morisse; silenzioso in un angolo della stanza c’era anche il tuo Babbo che singhiozzava. Lì ho capito molto della tua persona e del tuo grande cuore. Grazie, Eugenio. Noi ti affidiamo teneramente alle mani del Buon pastore che ti ha accolto ora nella sua pace. Prega per tutti noi.