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Sud/Nord Notizie: Spiragli di speranza - Fuori dal tunnel

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Spiragli di Speranza

Liberia: firmata la pace. Nella sede della comunità di Sant’Egidio a Roma, le diverse fazioni belligeranti del Paese hanno firmato una dichiarazione di pace, riconciliazione, neutralità e comprensione per il dramma dei civili. L’atto impegna le parti a risolvere i problemi attraverso un accordo politico e non belligerante. Dopo 14 anni di guerra civile, che hanno insanguinato il Paese e causato centinaia di migliaia di morti e un milione di sfollati e profughi, i firmatari della dichiarazione hanno sottolineato l’urgenza di aiuto umanitario, sociale ed economico per la ricostruzione del Paese, per favorire il processo di libertà e giustizia e mettere fine alle immani sofferenze del popolo liberiano.

● Congo: prove di pace. Si è concluso con un freddo e formale impegno a rispettare gli accordi di pace già presi, il faccia a faccia tra il presidente del Ruanda, Kagame, e quello del Congo, Kabila. Le parti hanno dato il via libera ad una verifica congiunta che dovrà da un lato assicurare il disarmo e la smobilitazione degli ex responsabili del genocidio ruandese del 1994 nascosti nell’est del Congo, dall’altro verificare l’assenza di soldati regolari dell’esercito ruandese su territorio congolese. Negli ultimi mesi la tensione tra Congo e Ruanda è stata altissima, con scambi reciproci di accuse, combattimenti e massacri nelle zone di confine, con movimenti di truppe lungo i confini. La frontiera tra Congo e Ruanda è rimasta chiusa ormai dal 6 giugno scorso per la gente, ma non per il traffico di armi e per le truppe belligeranti.

● L’Onu in Burundi. Elezioni democratiche, sicurezza, ritorno alla pace, rimpatrio dei rifugiati e aiuto allo sviluppo sono le priorità della missione dell’Onu in Burundi. Due squadre di circa 160 caschi blu della missione sono già dispiegate in luoghi che da tempo sono teatro di ininterrotte violenze. In Burundi la lotta di gruppi armati contro il governo ha provocato in dieci anni oltre 300.000 vittime, in gran parte civili. L’Onu ha il mandato di usare la forza per proteggere la popolazione sul territorio burundese, qualora sia necessario.

Fuori dal tunnel

● Indonesia al voto. Si sono svolte in Indonesia le elezioni a suffragio universale per scegliere il presidente della popolosa repubblica. È la prima volta che questo accade dopo la fine del regime di Suharto nel 1998. Ha votato più dell’80% dei 154 milioni degli aventi diritto, in seggi talvolta improvvisati in capanne di bambù, su un territorio sterminato composto da oltre 17.000 isole.

Per il Paese islamico più popoloso del mondo (oltre 230 milioni di abitanti) è stata una giornata storica. I mass media locali hanno parlato di un popolo entusiasta e pieno di speranza nella consultazione elettorale. Oltre 18.000 poliziotti sono stati impegnati nella vigilanza dei seggi, ma non si sono registrati incidenti. Nelle remote foreste di mangrovie di Papua, un aereo Cesna ha lanciato alle tribù del posto i materiali elettorali. A Jakarta, gli elettori si sono lamentati della qualità dell’inchiostro per votare, a loro avviso facilmente cancellabile.

La chiesa cattolica indonesiana non ha espresso alcuna preferenza sui 5 candidati alla carica di presidente, ma ha pubblicato un piccolo dossier con alcuni criteri per valutare i candidati e indicazioni pratiche per un voto responsabile. Fra i 7 criteri suggeriti ci sono: il rispetto della Pancasila, ovvero i 5 principi nazionali (fede in Dio, umanità, unità nazionale, democrazia, giustizia); integrità personale; nessuna accusa di corruzione né violazione dei diritti umani; capacità di agire a servizio del bene comune. Dopo il primo turno è risultato vincitore l’ex generale Yudhoyono che si scontrerà al ballottaggio, in programma nel corso di questo mese, con la presidente Megawati.

● Arabia Saudita: elezioni in autunno. Si preannuncia una svolta storica per il Regno Saudita, un primo passo verso quell’apertura politica e democratica voluta da un’ampia parte del Paese e anche dai partner internazionali di Riad (Stati Uniti in testa). Per la prima volta, infatti, i cittadini potranno andare alle urne per eleggere 178 consigli comunali. L’impegno di indire libere elezioni era stato preso dal principe reggente Abdallah. Tuttavia, restano alcuni punti oscuri: le donne non voteranno né potranno essere elette; il passo verso le riforme è accompagnato da decisioni che vanno in senso opposto: tre riformatori moderati sono in carcere e la democratizzazione del Paese resta di fatto bloccata. Molti cittadini sauditi locali hanno dichiarato di temere che non ci siano garanzie che il voto avvenga.



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