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La missione con occhi a mandorla: Taiwan, l'umiltà missionaria

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Tanto studio e contatti personali

I saveriani sono nati per portare avanti il sogno del Saverio di evangelizzare la Cina. Nove di loro, tutti giovani, lavorano a Taiwan e in Cina, in attesa che lo Spirito apra le vie del grande continente. l nostro obiettivo è entrare nella cultura locale. Cerchiamo di farlo in vari modi, soprattutto con lo studio anche accademico, cui dedichiamo molto tempo.

Questo richiede un atteggiamento di base: quello di imparare; non tanto di insegnare.

L’atteggiamento dello studente è di umiltà e interessamento verso gli altri. Non sono loro che devono fare salti mortali per capirci; siamo noi che ci sforziamo di farci comprendere da loro. Questo atteggiamento aiuta ad essere accolti favorevolmente.

Per conoscere la cultura sono più importanti i libri o le persone?

Sono necessari entrambi. Il contatto con le persone, quotidiano e spontaneo, è importante; ma a volte senza l’aiuto dei libri si corre il rischio di non capire bene o di fraintendere. Lo studio aiuta a comprendere anche la realtà di tutti i giorni, non escludendo il contatto personale.

È un metodo antico, usato anche da Matteo Ricci, nato 450 anni fa.

Sì. In Oriente ci troviamo di fronte a culture totalmente diverse dalla nostra. In primo luogo c’è il problema della lingua. Noi dedichiamo almeno tre anni pieni allo studio della lingua. Non si può fare diversamente, se la si vuole imparare in modo serio da poter comunicare con la gente. Superato questo primo ostacolo, ci si rende conto di avere di fronte un mondo completamente diverso. Il modo di avvicinarsi agli altri va pensato bene, perché non risponde alle nostre dinamiche culturali. Si pone, quindi, anche un problema di strategia: “Come posso comunicare in questo ambiente?”.

La nostra attenzione alla cultura non è staccata dalla realtà. Per noi, il momento dello studio è anche un momento di relazione con gli altri studenti, con i professori, con l’istituzione accademica, per portare ciò in cui crediamo negli ambienti della cultura. Anche perché la religione è stata spesso sminuita e presentata in modo negativo.

Com’è il vostro stile di vita missionaria?

Dipende dalle situazioni in cui ci troviamo a lavorare. Ci incontriamo più o meno spesso per pregare, mangiare e portare avanti le attività in modo comunitario. Ma a volte siamo costretti, per forza di cose, a vivere da soli anche per lunghi periodi. Io stesso ho vissuto due anni e mezzo da solo. Ci teniamo in contatto con il mondo saveriano con la preghiera. In certe situazioni, anche scrivere o inviare e-mail non è il modo migliore per comunicare. Dobbiamo stare attenti a non urtare la sensibilità delle autorità che possono sorvegliare.


SARS, UN VIRUS ATIPICO

La Sars - l’infezione virale di polmonite atipica, che ha fatto tanto parlare di sé lo scorso anno - ha costituito sicuramente un problema grave. Si è trattato di una malattia assolutamente nuova e inedita; non c’erano mezzi per curarla.

La Cina ha subito forti pressioni a livello internazionale. Avrebbe dovuto presentarsi come un Paese in grado di risolvere questo tipo di problema. Allo stesso tempo doveva garantire agli osservatori esterni, e soprattutto agli investigatori, una certa stabilità e sicurezza, non solo di tipo politico.

L’emergenza sembra ormai risolta, ma trattandosi di una malattia che si diffonde come l’influenza, potrebbe tornare. Speriamo che si riesca a trovare un vaccino, almeno per impedire altre morti.

A livello internazionale, l’aggravarsi della situazione ha portato alla luce un’ipocrisia di fondo. Il fatto che la malattia potesse colpire chiunque, a cominciare dal ricco che viaggia in aereo, e non fosse limitata ai Paesi poveri o a “chi se la cerca”, ha scatenato una grande paura collettiva.

Tutto questo però ha anche stimolato un’importante collaborazione internazionale, sia a livello di studi che di condivisione dei fondi per arrivare a una soluzione in tempi relativamente brevi. È auspicabile che questo serva da lezione per il futuro. Speriamo, tuttavia, che questo spirito di collaborazione non si limiti solo a questioni in cui sono coinvolti i ricchi, mentre i poveri vengono abbandonati al loro destino.

  • p. GIUSEPPE VIGNATO, sx.


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