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Storie che fanno bene al cuore

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Il dono della memoria ci permette di rileggere la fede semplice delle persone che il Signore ha messo sul nostro cammino: sono tante, cominciando dai nostri genitori. In questo anno della fede condivido con voi due esempi di fede tra i numerosi ricordi che spesso mi vengono in mente quando ripenso alla vita di missione a Jaguapità, in Brasile.

La preghiera e la... medicina!

Una mattina presto sento bussare alla porta. È una giovane mamma con un fagottino tra le braccia. Subito mi dice: "Questo bambino ha bisogno della benedizione di Dio; somente Deus pode sararlo - solo Dio può curarlo!".

Prendendo le mani asciutte del bambino le ho detto: "Este menino precisa de um rimedio - il bambino ha bisogno di cure!". Ma lei continua a ripetere: "Solo Dio può guarirlo". La faccio sedere e le dico: "Bene, invochiamo la benedizione di Dio e poi andiamo in farmacia". E così abbiamo fatto.

Mentre andavamo, la mamma continuava a ripetere: "Somente Deus pode sararlo". Faccio bere al bambino un'abbondante medicina idratante, e subito si sente meglio. Il volto della mamma diventa sorridente. Mi ringrazia e riparte.

Mentre torno a casa rifletto: la fede di quella mamma ha salvato il bambino. Ha fatto otto chilometri a piedi ripetendo: "Somente Deus pode sararlo". Ho pensato: se questa mamma non avesse avuto fede in Dio si sarebbe seduta ai margini della strada, aspettando la morte del bambino.

La vecchietta nella capanna

Ogni terza domenica del mese accompagnavo p. Francesco Sozzi a San Benedetto, una delle comunità dislocate sul territorio. Come al solito, al nostro arrivo, c'era già tanta gente e tanti bambini da ascoltare e battezzare. Una donna con alcuni bambini attorno e uno tra le braccia, ci dice: "Finita la Messa dovete andare a trovare una signora anziana che non può venire in chiesa. Mi ha raccomandato di dirvi di andare da lei assolutamente".

Le promettiamo che l'avremmo esaudita. Dopo la Messa ci mettiamo in cammino verso la capanna indicata. La vecchietta è là che ci aspetta... Tutta sorridente e con grande gioia ci fa entrare, mostrandoci un grosso tronco d'albero che fa da divano. Dice di sederci. Seduti, lei si mette in mezzo a noi due e accende la pipa.

Poi comincia a parlare: "Ditemi, la gente vi vuole bene? Vi aiuta nelle opere che state facendo per i bambini?". Le nostre risposte affermative la rendono molto felice. E continua a raccontarci tante cose della sua vita. Era nata in una famiglia di schiavi e non aveva potuto imparare a leggere e scrivere. "Nelle tante sofferenza della mia vita ho imparato una cosa che mi ha aiutato tanto: amare".

Due gallinelle da dare a Dio

Mentre parliamo, entrano nella capanna tre gallinelle che raspano per terra alla ricerca di qualcosa da beccare. La vecchietta si alza in piedi e dice: "Queste tre gallinelle sono mie. Voi dovete prenderne due". "Nonnina, voi avete bisogno di queste gallinelle". Risponde: "Vi obbligo a prenderle, vi costringo a prenderle, perché anch'io un giorno voglio sentirmi dire dal Signore: «Avevo fame, avevo sete, ero malato...». Le dovete prendere. Date anche a me la gioia di aiutarvi per il bene che fate. Nessuno prende regali da me perché sono povera...".

Prendiamo le due galline e recitiamo una preghiera. Il volto della nonnina si illumina di gioia. Le diamo una benedizione e la salutiamo. Lei però ci ferma ancora e dice:" Vi ringrazio tanto e vi chiedo: posso darvi un bacio?". Tornando verso casa in macchina, commentiamo: la vecchietta analfabeta ha sentito leggere o raccontare il brano del vangelo di Matteo, al capitolo 25. Spontaneamente ci è venuto di ripetere: "Grazie Signore, che riveli ai piccoli il tuo amore e susciti in loro la fede nel Padre Celeste".



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