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È stata una bella esperienza per noi saveriani di San Pietro in Vincoli il servizio offerto alla diocesi di Forlì a maggio. Tutte le domeniche del mese, infatti, dopo circa 50 chilometri sulla strada del Bidente, raggiungevamo il santuario di Sant'Ellero. Qui, migliaia di pellegrini secondo una tradizione antica si danno appuntamento per presentare le loro suppliche al Santo Abate, che aveva fondato in quella zona degli Appennini Romagnoli un monastero con una bella chiesa romanica.

Ci siamo prestati nell'aiuto, nell'incontro, nelle confessioni e nella celebrazioni, sempre molto partecipate. Ecco un po' di storia che potrà essere utile a tutti i nostri amici, con l'invito a unirsi ai numerosi pellegrini che invocano sant'Ellero. Il prossimo anno speriamo di incontrarci in questo luogo di preghiera e di fede profonda.

La scelta della vita eremitica

Ellero nacque in Tuscia nel 476. A dodici anni, nell'ascoltare le parole di Gesù, "se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, la moglie e i fratelli e le sorelle, e finanche la sua propria vita, non può esser mio discepolo..." (Luca 14, 26), egli scelse la vita solitaria. Lasciò la casa paterna, s'inoltrò sull'Appennino verso l'Emilia e per dimora, dietro indicazione di un angelo, trovò un monte della valle del Bidente a circa un miglio dal fiume.

In quel luogo costruì in tre anni una cappella dove pregare e, sotto di essa, una spelonca dove alloggiare, procurandosi il cibo con il proprio lavoro. A vent'anni passò dalla vita eremitica a quella cenobitica. I miracoli compiuti dal santo, ma anche lo smarrimento e lo sconcerto provocato dai grandiosi e terribili eventi di quegli anni in Italia (la caduta dell'impero e le invasioni barbariche), gli recarono nuovi discepoli.

La regola da osservare era molto semplice. Si basava sulla preghiera comune, sul digiuno, sul lavoro nei campi, sulla pratica della carità. In pratica, ogni monaco - ed Ellero primo fra tutti - lavava i piedi al proprio fratello e gli offriva ogni umile servizio. Ogni monaco doveva far benedire dal "padre" (abate) tutti i frutti della terra per liberarli da qualsiasi influsso demoniaco. Con l'arrivo di nuovi discepoli e l'aiuto dei nobili della zona, furono costruiti un grande monastero e una bella chiesa romanica.

Chiesa romanica e cripta

Sulla vetta del monte di Sant'Ellero c'è un silenzio denso, solo come può esserci in un luogo carico di tanti secoli e di tanti eventi. La chiesa romanica è ciò che resta dell'antica abbazia fondata dal santo. Sono numerosi i restauri avvenuti nel corso dei secoli, soprattutto in seguito ai terremoti. L'interno della chiesa è costituito da un'unica navata. L'abside, profonda e rettilinea, è preceduta da un presbiterio sopraelevato cui si accede per due scale laterali. Il presbiterio è chiuso sul davanti da una lunga transenna ricavata in un unico blocco marmoreo. Sotto il presbiterio è visibile il sarcofago del santo, posto nella vetusta cripta cui si accede tramite due scale laterali.

La cripta è il luogo più sacro della chiesa; la fede popolare vi identifica la cella dove sant'Ellero si ritirava in preghiera. Ed è proprio nel foro ricavato nella sua volta che i fedeli accostano il capo porgendosi alla benedizione del santo per essere sanati dal mal di testa.

Echi di religiosità popolare e salutare si colgono in questo e in altri riti analoghi. Il culto di sant'Ilario - o sant'Ellero secondo la dizione toscana -, è molto diffuso in Toscana e in Romagna, specialmente nelle diocesi di Arezzo, Sarsina, Forlì, Bertinoro, Faenza, Imola, Modigliana, Fiesole, Firenze e nell'abbazia di Farfa. Il santo è protettore di Lugo.

La sua festa è celebrata il 15 maggio.



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