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Sessant'anni, fa la colonia britannica di Sierra Leone diventava uno stato indipendente. Era il 27 aprile 1961. Uno dei pochi stati africani a raggiungere la propria sovranità senza rivoluzioni o spargimento di sangue. Evidentemente non fu facile per i sierraleonesi diventare indipendenti e gestire la nuova realtà nazionale per il bene comune. Avevo seguito da Parma le vicende della Sierra Leone, anche quand’ero giovane studente e condividevo volentieri le speranze dei miei confratelli di vedere presto quel Paese all'avanguardia delle nuove nazioni indipendenti in Africa.

La Sierra Leone aveva allora discrete possibilità di sviluppo (una chiara struttura legislativa, miniere di ferro e diamanti, l’oceano ricco di pesci, grandi possibilità di agricoltura e foreste di legno pregiato). Inoltre, la dozzina di varie tribù esistenti nel Paese si stavano convincendo della necessità di essere uniti in una famiglia nazionale. Ma i problemi non mancavano: assenza di leader preparati; sistema scolastico limitato ai grandi centri urbani; leggi, tradizioni e interessi tribali ancora troppo prevalenti; i creoli di Freetown continuavano a controllare governo e burocrazia; infrastrutture limitate. Per quasi dieci anni, la Sierra Leone continuò a funzionare con efficacia.

Nel 1968, era ancora vivo l'orgoglio di essere la nazione meno militarizzata di tutta l’Africa! Poi iniziarono i colpi di stato, l’uno dopo l'altro, con la vittoria finale del partito APC (All Peoples Congress) e del suo capo Siaka Stevens rimasto in carica per circa 20 anni. Nel 1991 scoppia la guerra civile, che fece distruzioni di proprietà ovunque e che soprattutto dimostrò una brutalità inaudita contro tante persone innocenti. Anche noi missionari abbiamo subito rapimenti, ostaggi, mentre chiese, case parrocchiali, e scuole erano distrutte su larga scala. Il fenomeno più noto fu il reclutamento dei bambini soldato che, con tanta fatica, sono stati reinseriti nella società e in famiglia.

In questi ultimi vent’anni, anche noi missionari abbiamo assistito a un profondo cambiamento di mentalità tra la popolazione. Prima della guerra, gli atti di violenza erano abbastanza eccezionali. Ora, persino i bambini usano facilmente parole e gesti violenti nei confronti dei loro coetanei. Dall’altra parte, si nota un risveglio per la difesa dei diritti umani, della libertà di opinione, per la pubblica condanna alla corruzione dilagante…

Tuttavia, la Sierra Leone rimane ancora uno dei paesi più poveri al mondo, pur con una grande voglia di democrazia, di sviluppo, di giustizia contro ogni violenza. La Chiesa è impegnata per il bene del Paese, soprattutto con la catechesi e le opere di carità, perché i sierraleonesi siano loro stessi gli artefici principali di uno sviluppo futuro, che unisca sempre più la nazione nella pace, il desiderio più sentito e più vero da tutta la popolazione. 



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