Sette anni come pochi giorni
LA PAROLA
15Labano disse a Giacobbe: “Poiché sei mio parente, dovrai forse prestarmi servizio gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario”. 16Ora Labano aveva due figlie, la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. 17Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, 18perciò Giacobbe s’innamorò di Rachele.
Disse dunque: “Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore. 19Rispose Labano: “Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me”. 20Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni, tanto era il suo amore per lei. (Genesi 29,15-20)
Giacobbe cerca una sposa al paese orientale, da dove erano venuti i nonni Abramo e Sara e dove abita il suo parente Labano. Rachele è la prima persona della famiglia che gli viene incontro, conducendo il gregge al pozzo, e il bacio che le dà è l’inizio di una storia d’amore.
Giacobbe rimane per un mese presso la famiglia e Labano gli propone un salario. Il tesoro ambito da Giacobbe è però un altro: l’amore, che vale per lui molto più del denaro, come dice l’innamorato del Cantico dei cantici: “Salomone aveva una vigna a Baal-Amon, egli affidò la vigna ai custodi. Ciascuno gli doveva portare come suo frutto mille pezzi d’argento. La mia vigna, proprio la mia, mi sta davanti: tieni pure, Salomone, i mille pezzi d’argento…” (Ct 8,11).
Secondogenito lui, diventato per un’astuzia - da cui dovrà riscattarsi - erede della promessa al posto di Esaù, Giacobbe infrange ancora una volta il costume della tradizione: la sua scelta non è per Lia, la figlia maggiore di Labano, ma per la giovane Rachele, che porta nel nome - “la pecorella” - la traccia della sua attività quotidiana di pastora e della sua dolcezza. È lei che gli prende il cuore.
Non da renderlo ladro, però. Anzi l’amore gli dà ali per la lunga prova: sette anni di lavoro. Tempo di sguardi, di brevi parole, di silenzi, di sogni. Di dirsi che le grandi cose devono passare dal corpo e dalla durata per avvenire davvero. Ai grandi amori non convengono né il furto né la svendita.
Tanti fatti verranno a complicare questo amore, che però le grandi acque non sommergeranno (Ct 8,7). E d’amore Rachele morrà, dando alla luce il suo secondogenito dopo anni di sofferta attesa di fecondità.
A noi di corsa, che pretendiamo rendere l’amore facile come un clic, Giacobbe e Rachele insegnano che ci sono cose che la facilità distrugge e il tenace impegno onora.
L’amore si conquista, passa per lo spazio e per il tempo, per la tenace attesa, per dare carne alle parole che sennò svolazzano nel vento come fuscelli inconsistenti.
E quando l’amore muove, sette anni paiono pochi giorni, e tutto diventa leggero e breve. Come fu per Gesù che portò nel suo corpo la fatica e la durata necessaria per darsi la sua sposa: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato e come sono angosciato finché non sia compiuto!” (Lc 12,49s). Bruciava dal desiderio di dirle quella parola d’amore che solo l’ultimo soffio poteva esprimere: e fu lo Spirito Santo.
L’amore rende leggera la vita e grande la persona. È il mistero che conoscono quanti hanno una passione in cuore, nella famiglia come nella grande comunità. Quand’essa si spegne, resta solo un’estenuante somma di doveri.
“Il problema - scrive papa Francesco - non sempre è l’eccesso di attività, ma soprattutto sono le attività vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione e la renda desiderabile. Da qui deriva che i doveri stanchino più di quanto sia ragionevole, e a volte facciamo ammalare” (Evangelii gaudium, 82).
Quando i sette anni sembrano troppo lunghi e duri, forse è il tempo di fermarsi e di ritrovare il sogno.